Scritto dall’avvocato Claudio Sara e ambientato nella Avellino degli anni ’50 è stato accostato da Arturo Diaconale ai gialli di Sciascia
Assuefatti a cronache giudiziarie sensazionalistiche, trasformate in tritacarne nei quali prima di qualunque sentenza viene puntualmente sbattuto il mostro in prima pagina solleticando i palati di un pubblico da corrida, è un sollievo constatare che c’è ancora chi coltiva Il seme del dubbio nella professione forense innestandolo anche in un raffinato romanzo che porta proprio tale titolo: 
questa è l’operazione tentata da Claudio Sara, giovane avvocato autore di un legal thriller – edito da Ensemble – ambientato nella Avellino degli anni Cinquanta e incentrato attorno a un caso di violenza su una minorenne. La vicenda si dipana lungo un percorso di alcuni anni, durante i quali il protagonista – avvocato come l’autore – che rappresenta la vittima della violenza sviluppa appunto il dubbio che non tutto gli sia stato raccontato dalla sua assistita o meglio dal padre di questa: la scelta di relegare la giovanissima donna a un ruolo marginale anche nel riferire un fatto tanto grave riguardante lei stessa concorre a riprodurre l’arretratezza culturale sia di una società
nella quale in casi analoghi aleggiava l’odioso sospetto della provocazione femminile sia della legislazione dell’epoca che prevedeva il cosiddetto “matrimonio riparatore” o che considerava (e lo sarà fino al 1996) la violenza sessuale un reato contro la morale e non contro la persona. La cura dell’autore nel descrivere i meccanismi giudiziari del tempo è andata ben oltre lo studio dei Codici allora vigenti, estendendosi al linguaggio adoperato nelle arringhe per le quali si è rifatto a quelle pronunciate dal proprio nonno, ben più ampollose di quelle odierne. «Non ho la presunzione di aver creato qualcosa degno di passare all’eternità;
ho iniziato a scrivere Il seme del dubbio per me» spiega Claudio Sara schermendosi, consapevole anche che ormai in Italia ci sono praticamente più scrittori che lettori. Certo però che una garanzia sulla bontà del risultato ottenuto viene dall’accostamento alla narrazione “geometrica e senza voli pindarici” dei gialli di Leonardo Sciascia, avanzato da un giornalista autorevole come Arturo Diaconale – direttore del quotidiano L’Opinione e presidente del movimento garantista “Tribunale Dreyfus” – intervenuto alla presentazione romana del libro tenutasi davanti a uno scelto pubblico nella atmosfera retrò e piacevolmente in tema delle Officine Beat di via degli Equi.
Alessandro Pino


