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“Fierafuoriserie”: a Roma tornano in mostra i veicoli classici – di Alessandro Pino

10 Apr

PINOfuoriserietredici (1)Stanchi di circolare in un mare di Suv e monovolume tutti uguali, dai nomi improbabili e costruiti all’altro capo del mondo? Nostalgia di un tempo in cui il made in Italy in campo automobilistico non temeva rivali? Allora tenetevi liberi per i prossimi 13 e 14 aprile perché alla Fiera di Roma  torna “Fierafuoriserie”, la rassegna più importante per il collezionismo automotoristico dell’Italia centromeridionale giunta al settimo anno di vita. Semplici curiosi, iscritti a sodalizi dedicati a un genere o a un marchio in particolare, collezionisti in cerca di un pezzo di ricambio altrimenti introvabile da trapiantare su un esemplare già in loro possesso: tutti insieme tra veicoli più o meno anziani, più o meno prestigiosi. Come sempre saranno esposte mastodontiche vetture anni Trenta cariche di cromature assieme alle granturismo italiane anni Settanta  così piacevolmente diverse nelle loro linee tese dalle forme bulbacee oggi imperanti, passando per utilitarie comunissime nei primi anni Ottanta che trovare tra le auto ormai “storiche” (quindi almeno trentennali) potrà forse impressionare qualcuno per la sensazione del tempo già trascorso. Proprio ai veicoli meno esclusivi è dedicata la novità di questa edizione, il concorso “Povere ma belle” riservato alle auto di valore inferiore ai dodicimila euro: perché il mondo delle auto classiche – a dispetto del nome della manifestazione – non è solo quello delle “fuoriserie”ma anche di tutti quei veicoli che nel tempo hanno costituito la maggioranza del parco circolante e che in troppo pochi esemplari sono scampati alle sciagurate campagne di rottamazione. Ogni altra informazione può essere reperita sul sito http://www.fierafuoriserie.it

Alessandro Pino

Gamezero 5885 – le origini del videogioco. All’ex mattatoio fino al sei aprile – di Alessandro Pino

18 Mar

I quarantenni particolarmente sensibili e nostalgici dei tempi andati sono avvertiti: inonderanno di lacrime la Sala delle Vasche de “La Pelanda” nell’ex mattatoio di Testaccio dove fino al prossimo 6 aprile è ospitata la mostra “Gamezero 5885 – le origini del videogioco”.

Organizzata dalla Aiomi (Associazione Italiana Opere Multimediali Interattive) e con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma Capitale, la rassegna racchiude nel nome un po’ criptico la promessa di raccontare i primi trent’anni – o quasi – di storia dell’industria videoludica: dal 1958, anno in cui lo schermo dell’oscilloscopio di un computer per usi militari diventò una primordiale simulazione di tennis, al 1985 ossia subito dopo la prima crisi – il cosiddetto “crash” – del settore.

Circondato da pannelli con le foto di schermate, confezioni e personaggi – reali e di fantasia – accompagnate da testi esplicativi, c’è esposto nelle vetrine tutto ciò che avrebbe fatto sognare i ragazzini – ma non solo – di ormai tanti anni fa: consolle come l’Atari Vcs e l’Intellivision, computer come i Commodore 64 e Vic 20 o il Sinclair Spectrum e tanto altro materiale.

«Quello preso in esame è il periodo più pionieristico anche dal punto di vista dei videogiocatori» spiega Marco Accordi Rickards, direttore artistico della mostra e docente di Teoria e Critica delle Opere Multimediali all’Università di Tor Vergata. Chi a quei tempi c’era sa bene cosa voglia dire quel “dal punto di vista dei videogiocatori” e Marco e i suoi collaboratori si illuminano letteralmente mentre i ricordi scorrono come un fiume in piena. Certo, il divario tecnologico con l’intrattenimento informatico di oggi è letteralmente imbarazzante ed è difficile se non impossibile spiegare a un giocatore di oggi come ci si potesse divertire muovendo pochi rettangoli colorati su uno schermo completamente nero.

Ma  forse il fascino della mostra è proprio una questione di sensazioni e ricordi di vita oltre che nel materiale esposto: il sapore di un tempo che non c’è più – anche se può sembrare la pubblicità di un formaggio…- in cui si era probabilmente più spensierati non fosse altro che per motivi anagrafici. Per cui, visto che l’ingresso è gratuito, andateci senz’altro portando figli, nipoti o – se non ne avete – le famiglie di amici che ne sono forniti. Senza dimenticare i fazzoletti, ovviamente.

Alessandro Pino

(pubblicato su http://www.europagiovani.com)