I fatti sono ormai arcinoti, avendo compiuto il giro del mondo per uno sputtanamento a livello planetario: lo scorso 20 agosto si sono svolti a Roma nella chiesa intitolata a San Giovanni Bosco i funerali di Vittorio Casamonica, principale esponente della famiglia di zingari stanziali nota per le sue attività criminose. Una cerimonia non esattamente di basso profilo: il tiro a sei cavalli per la carrozza funebre – si dice la stessa usata per le esequie di Totò e di Lucky Luciano – le note composte da Nino Rota per “Il Padrino” suonate da una banda musicale, i manifesti affissi fuori la chiesa inneggianti allo scomparso quale “re di Roma”, la Polizia di Roma Capitale accusata di aver scortato il corteo di oltre duecentocinquanta vetture bloccando il traffico, l’ormai famosissimo lancio di petali di rosa da un elicottero sono diventati in poche ore argomento di discussione sia al bar sotto casa che sui quotidiani stranieri. Mancavano solo le Frecce Tricolori per coronare degnamente un trionfo dell’arroganza a braccetto con il cattivo gusto che però dal punto di vista dei protagonisti è stato un enorme successo mediatico e di clan. In tempi di social network imperanti poi viene proiettato su scala mondiale tutto quello che a Roma era arcinoto da decenni e che una volta sarebbe rimasto confinato al si sa ma non si dice, regalando
l’ennesima figura di palta a chi la amministra a ogni livello. A lato, la polemica contro la Chiesa cattolica che anni or sono nella stessa chiesa aveva negato i funerali a Piergiorgio Welby, “reo” agli occhi delle gerarchie ecclesiastiche di aver scelto l’eutanasia per porre fine al suo calvario di malato. Il giorno dopo, a gettare benzina sul fuoco provvedeva l’atteggiamento da pesci in barile tenuto dalle autorità che si rimpallavano la responsabilità di non avere impedito siffatta cerimonia, lamentando inoltre di non essere stati informati, assicurando altresì fermezza e rigore: la classica scena della stalla che viene chiusa solo quando i buoi sono scappati da un pezzo. Al momento l’unico provvedimento adottato dalle Autorità sarebbe la sospensione della licenza di volo al pilota dell’elicottero che non avrebbe chiesto alcuna autorizzazione, ciliegina sulla torta della inettitudine di chi puntualmente lascia che la città Eterna diventi non tanto la “terra di nessuno” quanto quella di un ben identificabile “qualcuno”. A proposito del sorvolo non autorizzato, viene spontanea la considerazione che se l’Isis non ci ha ancora sterminato con un bombardamento aereo è solo perché evidentemente non ne ha voglia o forse non ci ritiene nemmeno un bersaglio degno di nota. Insomma è stato l’ennesimo, disastroso, mortificante teatrino all’italiana, anzi alla romana. Da parte nostra ci permettiamo un modesto suggerimento: visto che la sobria cerimonia sarà costicchiata qualcosina, non sarebbe forse il caso che le Forze dell’Ordine procedessero con un controllino allo spesometro dei personaggi coinvolti, per confrontarlo in base alle spese sostenute? Si sa mai che finisca come per Al Capone…
Alessandro Pino