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III Municipio di Roma Capitale: gli sgomberati dal parco delle Valli lasciano il Municipio trasformato in Ostello – cronaca di una partenza vissuta in prima persona di Alessandro Pino

12 Lug

partenzePIAZZASEMPIONE(pubblicato su http://www.di-roma.com)

Sbloccata l’inverosimile situazione ma ormai in città sembra definitivamente scoppiato il “bubbone rom”:  diluvio di critiche dai cittadini esasperati

Alla fine la sera dell’undici luglio sono stati portati nel centro ricavato negli spazi dell’ex Fiera di Roma sulla Colombo, gli zingari sgomberati un paio di giorni prima dagli accampamenti abusivi dietro via Val d’Ala e che subito dopo si era deciso di sistemare nella sede del III Municipio a piazza Sempione dove erano andati a protestare. Una mossa mai vista prima che aveva avuto del clamoroso anzi del paradossale e che non ha mancato di sollevare l’immancabile vespaio di polemiche sui social network, dove molti si sono chiesti come mai non si prendano analoghe iniziative quando a rimanere senza casa sono differenti categorie di persone.

Io a vedere che aria tirava ci sono andato, approfittando di una serata (incredibilmente) libera: arrivo a piazza Sempione  e  lascio le accompagnatrici davanti al palco posto a centro del piazzale, su cui si esibiscono gli attori dello spettacolo “Voci nel deserto”.  Poco più dietro, sotto i portici, un altro genere di spettacolo a base di danze zingaresche.  Per i miei gusti non proprio da fan dell’etnia in questione già sarebbe troppo ma ricordandomi che sono un giornalista procedo e in mezzo agli zing…pardon ai rom, incontro il presidente del Municipio  Paolo Marchionne.  Devo dire che in passato l’ho visto in forma migliore, stasera è il ritratto dell’imbarazzo e si capisce bene: dopo aver ripetuto per mesi dal suo insediamento che l’orientamento della sua maggioranza era quello di non effettuare sgomberi, alla fine si trova gli sgomberati praticamente nella casa dei cittadini (e che in rete sbottano platealmente, inclusi  alcuni di quelli che lo avevano sostenuto in campagna elettorale, segno che si è passato ogni limite di sopportazione).

Gli chiedo se esiste qualche portavoce del gruppo di accampati con cui parlare ma pare di no;  continuo allora da solo passando in mezzo a gente che mangia piatti di pasta, ragazzini che dorme a terra e mi chiedo – come già ho fatto  più volte in precedenti articoli –  se tenessi io i figli in quelle condizioni quanti secondi passerebbero prima di vedermeli tolti  da quei servizi sociali che in altri casi si sono dimostrati solerti e zelanti (vedasi i genitori ritenuti troppo anziani o troppo affettuosi).

Affettando cordialità e interesse mi siedo  con un gruppetto, un giovanotto calvo e robusto ha voglia di parlare mentre quelli attorno, più anziani, mangiano ascoltando: sembra quasi uno di quegli spot sull’integrazione, con lui che spiega all’interessato interlocutore come non  fosse facile la vita nel villaggio ricavato in mezzo alle fratte di via Val d’Ala ma che è sempre meglio della Romania dove “i prezzi sono troppo alti”. E a questo punto mi sembra di sentire in sottofondo una risata registrata come nelle sit-com americane degli anni Ottanta, gli faccio presente che notoriamente in Romania a essere pesante semmai è la mano della polizia con chi sgarra, lui cambia discorso dicendo che da loro sono stati arrestati ministri e manager calcistici (cosa c’entrino non si sa).  Insiste che bisogna conoscere la “cultura rom” e tutti sono prevenuti  contro di loro (chissà come mai), tutti bei discorsi che potrebbero anche trovare d’accordo chi provenga da Marte o Saturno, non certo un qualunque cittadino  che viva una  impietosa quotidianità fatta di scippi, borseggi, furti con scasso, aggressioni, accattonaggio molesto e fumi tossici innalzati dagli insediamenti dove si scioglie la plastica di fili elettrici  e copertoni dalla provenienza dubbia: situazioni che una volta si provava a bollare come “luoghi comuni razzisti” ma che in tempi di pagine Facebook a tema vengono puntigliosamente documentate e condivise  massicciamente valicando i confini dell’esperienza del singolo. Anzi a pensarci bene anche il viaggiatore (non marziano ma più comunemente giapponese, tedesco o inglese) si rende troppo spesso conto di come stiano realmente le cose in una città dove difficilmente metterà piede di nuovo, con tanti saluti al “turismo come petrolio d’Italia”.

Continuando ad ascoltare il sapiente monologo, vengo a sapere che di lì a minuti verranno portati in autobus all’ex Fiera di Roma e alcuni all’ex cartiera sulla Salaria (notate che a Roma è tutto un “ex”, ma questa è un’altra storia), circostanza confermata poco dopo anche dal presidente Marchionne che incrocio nuovamente salutandolo mentre mi allontano dal portico per raggiungere le accompagnatrici che immaginavano di vedermi tornare lessato di mazzate.

In effetti verso le ventitrè arriva un autobus blu dell’Atac su cui salgono di buon grado – sicuramente pagando il biglietto…come no – tra i saluti di alcuni presenti, tra  cui lo scrivente in vena di spiritosaggini: ma ormai la scelta è appunto tra un riso amaro e il pianto dirotto per un città che ormai somiglia disastrosamente a quella sudicia, violenta e inefficiente vista trent’anni fa nei fumetti di Ranxerox.

Alessandro Pino

un altra testimonianza di chi quel giorno c’era. Via Ventotene tra gas, fuoco e acqua

29 Nov

Un’altra testimonianza, quasi una confidenza, perchè la persona che ne ha parlato, dietro la più solenne promessa di non essere nominata nemmeno per sbaglio, è molto schiva e convinta che il suo lavoro è un servizio alla comunità e non deve emergere se non come risultato degli sforzi collettivi dei singoli.

“Quella mattina era previsto lo sgombero del mercato rionale di Val Melaina, famoso in tutta Roma, che avrebbe dovuto essere smantellato e trasferito in via Conti. C’era una manifestazione, sul posto c’erano i vigili del fuoco con le autopompe perchè  incendiavano  i cassonetti. Le linee dei cellulari erano sovraccariche, vista la concentrazione di persone e forze dell’ordine, le comunicazioni erano alquanto difficoltose.  

Fummo costretti a rientrare per poter fare una relazione dei fatti. Il tempo di arrivare e viene segnalata l’esplosione. Inizialmente si pensava che qualcuno avesse messo una bomboletta dentro i cassonetti, come spesso accade. Se fossimo rimasti là forse non sarei qui a raccontare di persona. Erano già un paio di giorni che veniva segnalato odore di gas. Dicevano che era una perdita da qualche macchina e invece quella mattina sembrerebbe  che quando hanno misurato il metano nell’aria si siano allontanati in tutta fretta perchè si sarebbe potuta verificare un’esplosione da un momento all’altro, come purtroppo accadde.

Accorsi sul posto, avemmo modo di vedere che l’esplosione aveva interessato una conduttura idrica per cui ai danni che c’erano si doveva aggiungere la fuoriuscita di acqua che non consentiva di passare e di camminare. Abbiamo cominciato a soccorrere quei poveri disgraziati. Prima che l’Acea riuscisse a chiudere il flusso, l’acqua ha creato grossissimi problemi perché si scivolava da tutte le parti. L’intervento dei VvFf è stato come al solito eccezionale, nonostante le gravi perdite hanno continuato a operare con uno spirito encomiabile.

Certamente è stata una scena di guerra. Una macchina sembrava come parcheggiata in un balcone del palazzo di fronte.  Ognuno ha fatto la sua parte con enorme dignità. Portare i corpi inanimati dei colleghi. Vedere le spoglie di una donna che le fiamme avevano talmente rattrappito che sembrava una bambina”. 

Alessandro Pino e Luciana Miocchi

Quella mattina di dieci anni fa in via Ventotene nel ricordo di uno dei primi soccorritori

29 Nov

Quella mattina di dieci anni fa in via Ventotene nel ricordo di uno dei primi soccorritori.

Via Ventotene, dieci anni dopo – cronaca delle celebrazioni del 27 novembre

29 Nov

Era la mattina del 27 novembre del 2001 quando una disastrosa esplosione dovuta a una fuga di gas metano da una conduttura – scambiata dai tecnici Italgas per una perdita di gpl dal serbatoio di un’automobile – devastò via Ventotene, stradina di Val Melaina alle spalle di piazzale Jonio, causando la morte di otto persone tra civili e Vigili del Fuoco. Macerie, automezzi sbalzati in aria, allagamenti causati dai tubi dell’acqua saltati che rendeva ancora più difficoltosi ricerche e soccorsi. Da allora ogni anno cittadini e autorità si ritrovano per ricordare le vittime. Questa volta la partecipazione generale è stata davvero numerosa, complice la solennità dovuta al decennale. Delle corone sono state deposte sotto la lapide affissa al civico 32 alla presenza del sindaco di Roma Gianni Alemanno e del presidente del Quarto Municipio Cristiano Bonelli.

Anche il primo cittadino di allora, Walter Veltroni, accolto con affetto da diversi residenti che rimasero coinvolti, non ha voluto mancare –  seppur partecipando in veste privata, tanto che ha preferito non prendere la parola nemmeno quando le celebrazioni sono proseguite nella vicina piazza, realizzata al posto dell’ex mercato dove si trova il monumento dedicato alla memoria dei pompieri caduti durante il fatale serivizio. Dal palco allestito per l’occasione Alemanno ha voluto rassicurare i condomini del numero 32 sull’esito di due contenziosi, legati agli eventi successivi al disastro, che da anni turbano la loro tranquillità già minata. Da un lato infatti l’Agenzia delle Entrate aveva elevato nei loro confronti una multa da quasi settecentomila euro, perché considerati corresponsabili di alcune violazioni in materia di comunicazione-dati compiute da chi aveva eseguito i lavori di ricostruzione del palazzo e dall’altro, gli stessi condomini erano stati chiamati – in solido, secondo quanto prescrive la legge – a saldare le ingenti spese legali cui era stata condannata l’Italgas, dagli stessi avvocati da cui erano stati assistiti, poiché allo stato, la società soccombente non lo ha ancora fatto. Striscioni e manifesti appesi al condominio hanno avuto il compito di manifestare tutta l’angoscia e la rabbia di chi, a distanza di un decennio, non riesce ancora a considerarsi al sicuro nemmeno dentro la propria casa. In seguito all’intervento del Comune di Roma l’Agenzia delle entrate ha annullato il provvedimento, mentre per la questione onorari Alemanno ha promesso che farà pressioni perché si giunga a soluzione e per questo ha ricevuto dall’amministratore del condominio un simbolico biglietto di ringraziamento formato gigante. La giornata è proseguita con la messa celebrata dal parroco Gaetano Saracino nella Chiesa del Ss. Redentore, seguita da un saggio di tecniche di salvataggio attuate dai Vigili del Fuoco. Dopodiché, spenti i riflettori, via Ventotene è tornata a essere una breve stradina tranquilla come tante. Il negozio di acconciature femminili c’è ancora, come dieci anni fa, ma ha cambiato proprietaria. L’esplosione avvenne proprio qui di fronte e le prime tre vittime, titolare, figlia e una cliente, non ebbero scampo alcuno. Rimossi da tempo i segni esterni della distruzione, rimangono indelebili invece quelli nell’animo delle persone, così come i ricordi di chi visse in prima persona ciò che per Val Melaina rappresentò una specie di Ground Zero.

I nomi delle otto vittime:

– Maria Grossi, di anni 50, parrucchiera, deceduta nel suo negozio;

– Fabiana Perrone, di anni 22, figlia della signora Maria;

– Elena Proietti, di anni 82, cliente;

– Michela Camillo, di anni 20, abitante del condominio del civico 32;

– Fabio Di Lorenzo, di anni 37, vigile del fuoco della squadra 6A, caduto in servizio;

– Sirio Corona, di anni 27, vigile del fuoco della squadra 6A, caduto in servizio;

– Danilo Di Veglia, di anni 39, vigile del fuoco della squadra 6A, caduto in servizio;

– Alessandro Manuelli, di anni 36, vigile del fuoco della squadra 6A, deceduto cinque giorni dopo  a causa dei gravi traumi riportati in servizio

Alessandro Pino e Luciana Miocchi