Tag Archives: Marco Marinacci
Immagine

Sacco Pastore: addio a Ezio Feliciani, meccanico e artista delle Lancia classiche- di Alessandro Pino

28 Ago

[ROMA] Il mondo dell’automobilismo storico romano perde uno dei suoi tecnici più apprezzati: all’età di ottantasette anni è infatti scomparso nei giorni scorsi Ezio Feliciani, meccanico notissimo tra i conoscitori del marchio Lancia e più in generale del motorismo classico, al punto da preparare vetture per manifestazioni internazionali e di rendere la sua officina di via Val Camonica in zona Sacco Pastore -per molto tempo autorizzata della ex Casa di Chivasso- la sede del Club Colosseum, uno dei principali sodalizi del settore, da lui fondato. Alla lunghissima attività prettamente tecnica- aveva iniziato a lavorare con i motori da bambino- ne aveva unita una artistica, realizzando sculture ricavate dalla saldatura di parti meccaniche che raccoglieva in un locale dell’officina appositamente dedicato e chiuso al normale accesso da una grata in ferro. Proprio l’ex presidente del Club Colosseum, il giornalista Marco Marinacci, ne traccia un ricordo personale: <Ezio Feliciani l’ho conosciuto nel 2004, quando mi sono iscritto al club di veicoli storici che aveva fondato, il Colosseum Club Veicoli Storici Roma, di cui poi sono stato presidente dal 2010 al 2019. Una persona incredibile, un personaggio. Nel 2004 Ezio, nato nel 1933, aveva già 71 anni ma proprio non sembrava né per fisico né per spirito. Quando veniva ai raduni con la sua Fulvia HF qualche sgommata non mancava mai. Rimasi a bocca aperta la prima volta che mi portò nella “gabbia” a vedere le sue sculture, ma soprattutto rimasi senza fiato quando cominciò a spiegarmele. Non sono “pezzi de fero messi lì”, come diceva lui, ma ognuna ha una storia, un significato articolato quasi sempre a sfondo religioso. Uno spessore d’animo forse sorprendente in una persona che a scuola era andata ben poco: a dodici anni il padre gli disse che gli serviva una mano (comprensibilmente, visto che aveva dodici figli), lui si mise a fare il meccanico e a diciannove anni aprì la sua prima officina tutta sua, a conti fatti si era nel 1952, nell’Italia delle Topolino. Ben presto fu ufficiale Lancia, e con il passar degli anni è diventato un vero e proprio riferimento anche grazie all’attività di restauro, a livello meccanico, delle auto “de ‘na vorta”. La gabbia delle sculture, sì. Ezio aveva la fissazione di non buttare i pezzi delle macchine che aggiustava, ma di metterli insieme con fantasia per formare delle sculture: in nessuna c’è un pezzo che non provenga da un’auto. Non si salvava nulla, anzi non si buttava nulla: candele, catene, valvole, coppiglie, alberi, parastrappi, ingranaggi. Ma per capire che Gesù Bambino è una coppiglia e l’aureola della Madonna una rondella e il bue e l’asinello sono due bilancieri ti devi avvicinare e guardare attentamente. E queste sculture sono nell’officina, racchiuse in una gabbia. Sono famose e – confesso che non so come avesse fatto! – era riuscito a farne dono a personaggi famosi, del calibro di Bush o del Papa. C’è un guerriero con la lancia che raffigura Vincenzo Lancia perché, diceva, “a me m’ha ‘mparato lui”, c’è un indiano d’America con le candele Champion che sono americane ma niente Bosch né Marelli, c’è mezza 500 con un presepe animato, c’è un cavallo rampante in cui spicca il volano di una Guzzi, c’è una gallina tutta di candele, c’è una incredibile Pietà con pezzi di sedili, catene, molloni e spingidisco che ha destato lo stupore del Cardinale Poletti per via dell’effetto di “abbandono” che Ezio è riuscito a darle, in cui… “ha fregato Michelangelo”. Quando si metteva a raccontarle era così coinvolto che non si fermava più, faceva e ti faceva fare tardi qualunque cosa avesse e avessi da fare. Ma era anche terribilmente affascinante e così qualche volta lo ho filmato: perché altri potessero ascoltare direttamente da lui alcune descrizioni. Peccato non avergliele fatte descrivere tutte, ora non c’è più tempo.
La descrizione della Pietà merita un cenno in più: Ezio raccontava che il cardinale Poletti restò impressionato e si complimentò moltissimo perché aveva ottenuto l’effetto dell’abbandono, che nessun altro scultore, Michelangelo compreso, aveva dato alla sua opera. Ezio si preoccupò moltissimo, pensando di aver fatto un errore e non rendendosi conto di cosa fosse questo benedetto abbandono, e continuando a chiedere “ma che d’è ‘st’abbandono” finché il cardinale gli mostrò le catene e le articolazioni dei sedili che erano mobili e che quindi, se sollevate, ricadevano giù, come le parti di un corpo esamine. Non so se il racconto di Ezio fosse un po’ romanzato, ma era molto coinvolgente, si creava un pathos.

Ne ha fatte di tutti i colori, ha corso con Luigi Musso, ha avuto a che fare con mille personaggi importanti, del settore e non. Nella sua officina c’è ancora una Guzzi 250 che tanti anni fa aveva modificato per correre: va perfettamente in moto, si fa sentire ruggire ma soprattutto tiene un minimo incredibile che farà sì e no due scoppi al secondo, incredibile, bisogna sentirla per crederci. Entro un giorno in officina e sento un casino… “aoh, sto a fa’ gira’ un po’ questa senno’ s’addorme”, subito prendo il cellulare e filmo, tutto contento dà un po’ di sgassate ma poi la mette al minimo e fa la faccia beata per come lo regge. Non gli sarà parso vero quindi quando, nel 1997, Roberto Chiodi gli chiese di preparare la sua Flavia Coupé per fare un giretto un po’ lungo: la Pechino Parigi. Non bastava, quindi giro del mondo, 33.000 chilometri, con tanto di macchina che va in un burrone di 30 metri ma continua a funzionare sistemando solo le ammaccature più grosse. E cosa esce fuori alla fine? Che nella preparazione aveva nascosto un santino della Madonna del Divino Amore sotto al sedile, “è lei che vi ha protetto, che vi ha fatto tornare a casa sani e salvi”. Non so bene, francamente, come mai gli venne l’idea di fondare il club federato ASI, il Colosseum: fu nel 1991, so che prima era socio di altri club, non credo sia importante. Ma come fu per l’officina evidentemente ne voleva uno suo. Con una sede improbabile sul soppalco dell’officina, nella quale arrivano tutti i rumori e le puzze dei motori che aggiustava, per molto tempo non c’erano neppure dei vetri, incapaci di contenere il rumore ma almeno qualche gas. Anni fa, non ero ancora presidente, in un certo numero di persone pensammo che fosse bene cambiare sede e sceglierne una più “normale”, non fu possibile: “no no, ’sto club è nato qua, e deve da sta’ qua, vicino alle machine”. Un club di poca gente senza fronzoli, forse un po’ rudimentale ma un club vero, che sta insieme perché gli va e non perché gli conviene.

Che sarà ora senza Ezio… non lo so. In officina ci sono i figli, Fabrizio e Milena, già da tempo. Ma per noi Ezio c’è sempre, e sono sicuro che in questo momento il Paradiso è un luogo rumoroso, perché appena arrivato… “A Sampie’ vie’ qua, che te trucco la machina!”>.

Alessandro Pino

Immagine

Quando l’informatica italiana nacque (anche) a Monte Sacro con “MC Microcomputer” – di Alessandro Pino

11 Nov

Oggi quando servono informazioni per l’acquisto di un pc o di uno smartphone o l’utilizzo di un programma si cerca in rete o alla peggio sentendo l’interessato parere dei commessi delle grandi catene commerciali. Ma agli albori dell’informatica e dell’elettronica di consumo, all’inizio degli anni Ottanta quando Internet era ben al di là da venire, i primi appassionati avevano come unico riferimento una o due riviste specializzate tra cui Mc Microcomputer, fondata nel 1981 la cui redazione originaria si trovava in via Valsolda a Monte Sacro. «Era un deposito di biscotti del padre di uno di noi che ci aveva dato il piano di sotto, poi occupammo anche quello sopra. Ci siamo stati fino al 1985, poi ci siamo trasferiti – ricorda Marco Marinacci che della rivista fu il fondatore e direttore; per dare l’idea del livello di cui si parla, basti dire che ha scambiato opinioni di persona con Bill Gates e Steve Jobs – nel frattempo la nicchia informatica si è sviluppata arrivando a vendere già dai primi numeri quasi ventimila copie arrivando fino a settantamila. Furono gli anni più stimolanti, in cui nacquero i Commodore Vic 20 e 64, gli ZX 80 e 81 e lo Spectrum della Sinclair, il Texas Instruments Ti 99, in cui la persona si faceva i suoi programmi in basic. Furono gli anni in cui c’è stato più divertimento». Certo, comparando le caratteristiche di quegli apparecchi ingombranti e di utilità limitata con gli odierni dispositivi per comunicare e le loro infinite applicazioni viene da sorridere; ma se oggi vediamo un adolescente smanettare con lo smartphone facendoci di tutto, il merito è anche dei protagonisti di quegli anni remoti nei quali Mc Microcomputer, iniziativa editoriale nata nell’attuale Terzo Municipio, recitò un ruolo di primo piano.

Alessandro Pino

Immagine

Quando l’informatica italiana nacque (anche) a Monte Sacro con “MC Microcomputer” – di Alessandro Pino

11 Nov

Oggi quando servono informazioni per l’acquisto di un pc o di uno smartphone o l’utilizzo di un programma si cerca in rete o alla peggio sentendo l’interessato parere dei commessi delle grandi catene commerciali. Ma agli albori dell’informatica e dell’elettronica di consumo, all’inizio degli anni Ottanta quando Internet era ben al di là da venire, i primi appassionati avevano come unico riferimento una o due riviste specializzate tra cui Mc Microcomputer, fondata nel 1981 la cui redazione originaria si trovava in via Valsolda a Monte Sacro. «Era un deposito di biscotti del padre di uno di noi che ci aveva dato il piano di sotto, poi occupammo anche quello sopra. Ci siamo stati fino al 1985, poi ci siamo trasferiti – ricorda Marco Marinacci che della rivista fu il fondatore e direttore; per dare l’idea del livello di cui si parla, basti dire che ha scambiato opinioni di persona con Bill Gates e Steve Jobs – nel frattempo la nicchia informatica si è sviluppata arrivando a vendere già dai primi numeri quasi ventimila copie arrivando fino a settantamila. Furono gli anni più stimolanti, in cui nacquero i Commodore Vic 20 e 64, gli ZX 80 e 81 e lo Spectrum della Sinclair, il Texas Instruments Ti 99, in cui la persona si faceva i suoi programmi in basic. Furono gli anni in cui c’è stato più divertimento». Certo, comparando le caratteristiche di quegli apparecchi ingombranti e di utilità limitata con gli odierni dispositivi per comunicare e le loro infinite applicazioni viene da sorridere; ma se oggi vediamo un adolescente smanettare con lo smartphone facendoci di tutto, il merito è anche dei protagonisti di quegli anni remoti nei quali Mc Microcomputer, iniziativa editoriale nata nell’attuale Terzo Municipio, recitò un ruolo di primo piano.

Alessandro Pino

Immagine

Quando l’informatica italiana nacque (anche) a Monte Sacro con “MC Microcomputer” – di Alessandro Pino

11 Nov

Oggi quando servono informazioni per l’acquisto di un pc o di uno smartphone o l’utilizzo di un programma si cerca in rete o alla peggio sentendo l’interessato parere dei commessi delle grandi catene commerciali. Ma agli albori dell’informatica e dell’elettronica di consumo, all’inizio degli anni Ottanta quando Internet era ben al di là da venire, i primi appassionati avevano come unico riferimento una o due riviste specializzate tra cui Mc Microcomputer, fondata nel 1981 la cui redazione originaria si trovava in via Valsolda a Monte Sacro. «Era un deposito di biscotti del padre di uno di noi che ci aveva dato il piano di sotto, poi occupammo anche quello sopra. Ci siamo stati fino al 1985, poi ci siamo trasferiti – ricorda Marco Marinacci che della rivista fu il fondatore e direttore; per dare l’idea del livello di cui si parla, basti dire che ha scambiato opinioni di persona con Bill Gates e Steve Jobs – nel frattempo la nicchia informatica si è sviluppata arrivando a vendere già dai primi numeri quasi ventimila copie arrivando fino a settantamila. Furono gli anni più stimolanti, in cui nacquero i Commodore Vic 20 e 64, gli ZX 80 e 81 e lo Spectrum della Sinclair, il Texas Instruments Ti 99, in cui la persona si faceva i suoi programmi in basic. Furono gli anni in cui c’è stato più divertimento». Certo, comparando le caratteristiche di quegli apparecchi ingombranti e di utilità limitata con gli odierni dispositivi per comunicare e le loro infinite applicazioni viene da sorridere; ma se oggi vediamo un adolescente smanettare con lo smartphone facendoci di tutto, il merito è anche dei protagonisti di quegli anni remoti nei quali Mc Microcomputer, iniziativa editoriale nata nell’attuale Terzo Municipio, recitò un ruolo di primo piano.

Alessandro Pino