Ci si ritrova spesso a descrivere dettagliatamente quel che non funziona, quello che viene ignorato, i danni dell’incuria o dell’ignoranza. Questa volta però voglio condividere un momento felice.
Già dover andare dietro a delle noiose pratiche burocratiche non è piacevole, nella settimana che precede il ferragosto figuriamoci. Costretta obtorto collo a dover frequentare gli uffici anagrafici di via Fracchia entro a testa bassa e umor nero, pronta a buttar via una mattinata tra urla, impiegati dalla faccia tetra per essere costretti dietro il vetro all’11 di agosto, aria condizionata non pervenuta, attese snervanti e orari ridotti.
E invece.
Ritiro il numeretto che avverte di 58 persone in fila prima di me. Panico. Entro nella sala d’aspetto pronta al corpo al corpo. Sei sportelli aperti. Gente seduta, forse rassegnata alla fila o solo semplicemente fiaccata dalla pioggia mattutina o dall’afa fuori. Mi accorgo della temperatura piacevole, il climatizzatore funziona. I numeri si rincorrono sul display ad un intervallo ragionevole. Gli operatori magari non sorridono troppo ma nemmeno io se è per questo.
Mezz’ora a smanettare sullo smartphone e arriva il numero giusto. Sorriso all’impiegata che presa visibilmente alla sprovvista, fa altrettanto. Buongiorno, buongiorno. Timbri, firma, ritiro, saluti.
Forse durante il resto dell’anno ci accapigliamo perchè siamo in troppi a far la fila. O forse sono pochi gli operatori allo sportello. Che poi è la stessa cosa. Essere romani a Roma non è facile.
Luciana Miocchi
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