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Viale Libia com’ era: e tu, lo ricordi? – di Alessandro Pino

12 Gen

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Quanto sono cambiati viale Libia e il quartiere Africano nel corso degli anni: nonostante la buriana del cantiere della metropolitana con il gigantesco cubo che aveva invaso piazza Palombara Sabina sia ormai alle spalle, tanti caratteristici esercizi commerciali mancano a chi ci abita o lo ha frequentato, rimanendo però ben vivi nei ricordi di tanti. Mi sono reso conto di non essere l’unico a rimpiangerli grazie ad alcuni gruppi dedicati sui social network, nei quali è ben viva la nostalgia per luoghi, le persone (come l’anziano parcheggiatore abusivo somigliante a Eduardo De Filippo che stazionava, berretto con visiera in testa, proprio nella piazza dove oggi c’è la stazione) e le situazioni di una strada che negli anni Settanta – Ottanta non aveva commercialmente nulla da invidiare ad altre più celebrate ed  era scelta come residenza da personaggi celebri (c’è ancora chi si ricorda Ubaldo Lay uscire di casa all’angolo con piazza Gondar). Una ideale passeggiata lungo le vetrine che furono potrebbe partire da piazza Sant’Emerenziana in direzione del ponte delle Valli non ancora ampliato: sulla destra all’angolo con via Tripoli si verrebbe attirati dagli aromi della rosticceria Capoccetti, due piani colmi di ogni leccornia da farsi ricoverare per indigestione, faceva dei supplì e dei crocchè di patate che così buoni non ne ho più assaggiati. Sulla piazza c’era il negozio di articoli sportivi Cavalletti che al pari dei suoi concorrenti Foffo Sport e King Sport di piazza Gondar organizzava gite sciistiche domenicali al Terminillo.  Più avanti sullo stesso marciapiede c’era (e c’è ancora fortunatamente) la pasticceria Marinari. Una tappa obbligatoria era per guardare gli orologi Casio nelle vetrine a corridoio del negozio di elettrodomestici De Angelis che poi diventò Eldo e poi ancora chiuse i battenti, non mancando di fare un salto di fronte anche dal concorrente Radionovelli (che oggi è tornato in zona dopo essersi trasferito per lunghi anni altrove). Qualche passo ancora e sulla destra in piazza Gimma ecco il mercato comunale prima della ristrutturazione che gli ha tolto il grande e caratteristico scalone centrale che portava alle balconate del piano superiore. All’angolo con il viale Libia c’era il negozio di bomboniere Loreti dove si fornivano le famiglie della buona borghesia per le occasioni importanti e più avanti ancora era d’obbligo una sosta dal grande giornalaio – libreria Pagine. I dischi e le musicassette (i compact che pure oggi sono considerati preistorici nemmeno esistevano) si compravano dalla discoteca Marcotti e i dolciumi dalla torrefazione Romoli.  Arriviamo avanti fino al ponte delle Valli per uno sguardo alla  vetrina del concessionario Ford dei fratelli Sala e poi attraversiamo: sul viale Somalia il negozio di arredamenti Home Studio (il titolare mi sembra si chiamasse Gasparetti) mentre sulla rampa del ponte c’era un antiquario, Antigua Espaňa. Tornando indietro verso Santa Emerenziana ma lungo il marciapiede opposto c’era il grande bar Motta (poi sostituito da una banca e oggi da una farmacia) mentre un bar più piccolo dove giocare la schedina del Totocalcio si trovava di fianco al civico 157: a testimoniare un periodo remoto della storia italiana, l’insegna luminosa che diceva “coloniali”. Fuori il suddetto civico 157 mi rimane impressa nel ricordo la targa di un medico che lì aveva lo studio: Dottor Leon Pompan, un nome quasi musicale. Nello stesso palazzo al penultimo piano (solo il balcone del soggiorno affacciava sul viale, le finestre delle altre stanze tutte sul cortile interno) abitavano i nonni di chi scrive e siccome anche al tempo di posti auto ce n’erano pochi, il geometra Enrico Pino lasciava la Opel Ascona  1.2 grigio pastello in uno dei garage interrati a tariffa mensile.  Di fianco a Motta c’era il negozio di giocattoli Girotondo che nel suo primo allestimento aveva una doppia vetrina in mezzo alla quale passare lasciandoci ettolitri di bava. Distrutto da un incendio, fu poi ricostruito ma senza più quel percorso dei desideri, dopodichè chiuse anche esso. Di Girotondo (o forse Girogirotondo) c’era anche un negozio che a ai bambini interessava molto meno, trattando infatti vestiario al pari de La Cicogna.  Negozi di vestiti ce n’erano a iosa: Maquas, Calòmania, un nome noto come Fiorucci, Alser, c’era anche una succursale della Coin ma solo per signore (se non erro si chiamava infatti “Lei di Coin”).  Le scarpe si compravano da Bisozio e la ferramenta da Cardarelli (che poi passò a trattare casalinghi e infine cessò l’attività). Oggi di tutto questo rimane solo il ricordo che queste righe sperano di contribuire prolungare ancora un poco.
Alessandro Pino