
Con la scomparsa di Luciano De Crescenzo si è celebrato prevedibilmente il medesimo rituale agiografico riservato ai partenopei divenuti celebri, ennesima puntata della saga col vulcano sullo sfondo del Golfo. E però sarebbe da riflettere una volta per tutte su un elemento comune a questi volti e nomi noti che senz’altro hanno dato lustro alla città specialmente nel caso di artisti che l’hanno immortalata e descritta, ma dalla quale si erano allontanati stabilmente da tempo: questi napoletani giustamente famosi, in realtà a Napoli non ci vivevano e non la vivevano, infatti sono morti altrove. De Crescenzo abitava notoriamente da decenni nella Capitale, con vista sui Fori Imperiali. Inutile offendersi o gridare allo scandalo, il fenomeno è antico e non riguarda solo politici o personaggi dello spettacolo che si potrebbe immaginare legati per motivi professionali ai centri del potere o di produzione televisiva e cinematografica, posto che anche in tal caso la tesi non reggerebbe del tutto, esistendo da decenni le telecomunicazioni e comunque non essendo che la produzione di un film o di uno spettacolo impegni il calendario intero. Proviamo a elencarne alcuni partendo da epoche ormai remote: Totò viveva a Roma come Eduardo De Filippo e il fratello Peppino (ricordato con una targa fuori la sua casa sulla via Nomentana in zona Montesacro – Talenti, nell’attuale Terzo Municipio della Capitale), Massimo Troisi aveva casa ai Parioli e a Ostia, Pino Daniele si era trasferito in Toscana, Riccardo Pazzaglia (lo scrittore e giornalista anche egli arruolato come De Crescenzo nella banda Arbore) intitolò un libro “Partenopeo in esilio”: a Roma, tanto per cambiare. E nel Lazio viveva anche Carlo Pedersoli, il Bud Spencer internazionale.
Venendo ai vivi, lo stesso Renzo Arbore (pugliese cantore di Napoli nel mondo) che contribuì a introdurre De Crescenzo nel mondo del cinema, vive alla Camilluccia. Andando molto indietro nel tempo e cambiando settore, dallo spettacolo all’industria automobilistica, ricordiamo come un altro ingegnere, Nicola Romeo (sì, quello dell’Alfa) nativo della provincia di Napoli, per concludere i suoi giorni scelse una villa sul lago di Como. E allora si ammetta serenamente questo: che chi conosce bene Napoli e la tanto decantata napoletanitá, potendo se ne è fujiuto altrove da tempo, imbonendo un pubblico di sprovveduti con aspetti di colore ormai estinti al vero. Ma ormai per mondarsi dalla malaitalianitá ci si dovrebbe trasferire come minimo a Ginevra.
Alessandro Pino
(Nel fotomontaggio, l’autore dell’articolo con Luciano De Crescenzo)
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