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Maestà e sfacelo a Roma: passeggiata forzata di due inviati poco speciali

3 Ago

Venticinque giugno, ultima puntata di della trasmissione radiofonica “RomaChiama 88.100”. Servizi registrati di Alessandro Pino e collegamento in diretta telefonica da piazza del Campidoglio per Luciana Miocchi, c’è un flash mob pro Marino da seguire, nel bel mezzo dei giorni più bui per il Sindaco chirurgo, il cui governo rischia di essere travolto dagli strascichi dell’inchiesta su Mafia Capitale. La scelta non si rivela felicissima: quello stesso giorno è previsto uno sciopero del trasporto pubblico, con tanto di fasce di garanzia, per cui le persone si affrettano ad arrivare e andare via prima che i mezzi spariscano di nuovo. Il Pino non si lascia sfuggire l’occasione di un giro nella città eterna e, libero al momento da altri impegni, si presta a dare una mano. Bloccati in qualche modo alcuni attivisti, anche loro con il problema di tornare a casa la diretta viene portata a termine. Un’esperienza elettrizzante, per alcuni versi. Ma la vera avventura comincia dopo, quando già si era avuto un assaggio girellando nei dintorni della piazza..

Quello che segue è il resoconto della stessa avventura, vista da occhi diversi, da teste che non potrebbero che essere agli antipodi.

Un uomo non si perde nelle sfumature, bada alla sostanza  –  Alessandro Pino:

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Pubblicità invadenti all’orizzonte

“Questo è il resoconto di una passeggiata  tra i due volti di Roma, oggi: uno splendore antico che lascia ammutoliti ed è introvabile altrove, mortificato da una decomposizione morale e materiale giunta a livello tale che se non si fa qualcosa – qualunque cosa – per innescare una rigenerazione finirà per sommergere tutto. Un percorso iniziato da piazza del Campidoglio e terminato a Prati una sera di fine giugno, dopo un collegamento in diretta per l’ultima puntata della prima stagione di Roma Chiama 88.100, trasmissione radiofonica con la quale abbiamo collaborato nel ruolo di inviati. Mezzi pubblici non ce n’erano a causa dell’immancabile, beffardo sciopero del venerdì e la fascia oraria di garanzia era terminata. Ci consultiamo rapidamente e conveniamo di lasciare perdere i taxi e tornare a piedi, un po’ per l’euforia della nuova esperienza da giornalisti radiofonici che ha esaltato entrambi, un po’ perché nessuno dei  due vuole ammettere con l’altro (“e che saranno mai cinque chilometri…”) di essersi ridotto fisicamente un rottame. Dunque ci incamminiamo alla luce nitida del crepuscolo, dando un ultimo ampio sguardo con le spalle alla statua di Marco Aurelio. E già qui lo stato di grazia (o quasi) viene messo alla prova da una schiera di bagni chimici in plastica rossa posizionati quale graziosa sorpresa al termine del colonnato dei Musei Capitolini. Scendiamo la scalinata, da lì prendiamo via delle Botteghe Oscure svoltando in via Arenula verso il Lungotevere e da lì in direzione di Prati, tra marciapiedi sconnessi, invasi dal fogliame e dalle cartacce, poco o per niente illuminati ma soprattutto in mezzo alla tangibile, percepibile presenza di una umanità disastrata, che è stata fatta arenare nell’Urbe e poi lasciata allo sbando:  tracce di feci umane, zaffate di orina e del vomito di chi deve aver rimesso anche l’anima dopo essersi scolato chissà quale intruglio dozzinale.  Ogni tanto una sosta (per sentire con gli auricolari qualche passo della trasmissione e anche per riprendere fiato…)  ma guardandoci attorno con circospezione, perché è inutile negare l’evidenza: ogni angolo può nascondere un pericolo, un aggressore che non ha niente da perdere anche nei pressi di luoghi che per prestigio dovrebbero essere – forse un po’ ipocritamente – immuni da tutto ciò. Invece scopri che le periferie non hanno l’esclusiva dello sfacelo (ci siamo proposti di adoperare il meno possibile l’abusatissimo termine “degrado”). Di tutto ciò magari non ci si rende conto chiusi nell’abitacolo della propria automobile: nessuna retorica a favore della bicicletta, per carità, si tratta semplicemente di calarsi fisicamente dentro queste situazioni per riuscirle a cogliere appieno. Del resto è quello che ha reso (tristemente) popolari un sito con pagina Facebook annessa il cui nome dice impietosamente che la città fa schifo. La marcia intanto prosegue, superiamo  una lunga fila di automezzi posizionati per un set cinematografico e arriviamo al ponte Umberto I soffermandoci per qualche scatto con la reflex: il gioco delle luci del Cupolone e dei riflessi nel Tevere è affascinante, molto meno il gigantesco telo pubblicitario affisso su un palazzo e che per forza risulta inquadrato ma soprattutto il solito mercatino di borse contraffatte e di ciarpame – vedasi aste per i selfie con il telefonino –  che non chiude mai e prospera in bella vista alla faccia della legalità. Certo che se nessuno comprasse alcunché la questione nemmeno si porrebbe. Del barcone semiaffondato nel fiume e degli  accampamenti sugli argini di persone che in qualche modo si procureranno da vivere, anche diventando predatori, nemmeno ne parliamo. Scavalcato il ponte ci si avvicina alla ambita mèta, le fauci riarse vengono ristorate da un brindisi con Coca gelata – avevamo resistito fino a quel momento per non farci spennare dai locali dall’aspetto pericolosamente  turistico incontrati più in centro – e anche alla radio arriva il momento dei saluti mentre sopra le nostre due teste si accende già la lampadina delle idee brillanti: quella da cui è nato l’articolino che state leggendo”.

Una donna nota il particolare – Luciana Miocchi:

“di tanti giorni per manifestare la solidarietà al Sindaco, gli attivisti vanno a scegliere proprio quello che han meno possibilità di funzionare, uno in cui c’è lo sciopero dei mezzi pubblici. La fascia di garanzia termina proprio quando dobbiamo andare in onda. Vabbè, che non si dica che non sono una tipa adattabile. Qualche problema nel far rimanere le persone che interverranno, mica tutti son votati alla scarpinata, pure se si tratta di difendere il Sindaco o di cogliere l’occasione ghiotta di insolentirlo via etere. In attesa della diretta con la radio mi guardo intorno: una coppia di sposi, lui in alta uniforme, lei con il reggiseno che spunta irriverente dalla scollatura sulla schiena. Sorrido, immaginando che il neo marito per non metterla in imbarazzo gli sta facendo fare il defilè della vita in condizioni quasi comiche, fortuna che i romani ormai sono abituati a tutto…li accompagno con gli occhi fin sotto il colonnato dei musei capitolini e la mia attenzione passa dal vestito della sposa ….alla linea di bagni chimici posizionati alla fine delle colonne. Rossi con un cuore rovesciato gigante e marca ben evidenza. Uao. Sullo sfondo una cascata di edera. Penso che questa la devo fotografare, a raccontarla si rischia di non essere creduti. Vero che quando scappa scappa ma…avrebbero potuto incartarli, mimetizzarli, colorarli di verde, chessò.

In fondo al colonnato, una sorpresa...

In fondo al colonnato, una sorpresa…

Lo dico a Pino, mi guarda come se gli avessi segnalato Marino vestito da antico romano, poi si convince ad andare a guardare e alla fine scatta raffiche di foto come solo un turista giapponese. Ci guardiamo perplessi, osserviamo la copia del Marc’Aurelio che sembra indicare il drappo della mostra: raffigura un enorme leone di marmo con le fauci aperte. Titolo: l’età dell’angoscia. Già questa bastava a stendere un armadio ma noi non ci scomponiamo. Sapevamo che fare la diretta da qua avrebbe comportato l’eroica missione di fermare un taxi a Roma in un giorno di sciopero o farsela a piedi per qualche chilometro o anche, sfidare la sorte aspettando qualche bus superstite. Stamattina ho lasciato la macchina in via Damiata, a Prati. Ma cosa vuoi che sia mai una passeggiata lungo il Tevere, in centro, all’imbrunire in una sera d’estate rinfrescata dal venticello romano… evitiamo i bar per turisti ma non schiviamo le strisce pedonali sbiadite, perfino sotto l’altare della Patria. Roma vista girando a piedi , senza fretta, indigeni tra i turisti. Quasi un esperimento sociologico. Cominci a distinguere la diversità di sguardo del barista a seconda se ti giudica romano o visitatore, l’impercettibile cambio nei gesti e nel tono delle parole. Già all’altezza di Largo di Torre Argentina la premiata ditta ha perso la voglia di scherzare, le buche e la segnaletica scolorita, unita ad una certa sporcizia generale dei marciapiedi riescono a creare un’atmosfera sinistra, che per nulla si addice a quella che un tempo era stata la caput mundi. Percepisco un qualcosa, un lieve fastidio a cui non so dare un nome preciso ma decido di ignorarlo, sfiorata dalle centinaia di turisti che imperterriti camminano intorno a noi.

Ogni tanto ci fermiamo ad ascoltare il resto della trasmissione dividendoci gli auricolari. Sarà la suggestione di quello che viene detto, degli sviluppi delle indagini…ma ci guardiamo in faccia e senza aver nemmeno bisogno di parlare concordiamo che si, l’atmosfera non è delle migliori. È che abitiamo in periferia e siamo abituati a sentire giustificazioni del tipo che Roma è troppo grande, che i quartieri più lontani è nell’ordine delle cose siano peggio serviti, come se i loro abitanti avessero fatto qualcosa per meritare meno attenzioni e servizi. Forse ce ne siamo perfino convinti un po’. Perciò, quando notiamo che in terra ci è un fitto tappeto di foglie secche, ricordo del passato autunno, che i marciapiedi sono sconnessi e la segnaletica sparita ne rimaniamo colpiti più che in altre occasioni. Sul lungotevere sembra quasi di partecipare ad una via crucis: lastre dissestate, ampie porzioni al buio, foglie, bottiglie rotte e di plastica spesso consumate dal sole. Slalom tra le macchine parcheggiate ad mentula. Immondizia varia. Più o meno puzza di piscio in ogni dove.

Vi fermate in centro per un caffè?

Vi fermate in centro per un caffè?

All’altezza di Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, mi scappa un’imprecazione, colpa del naso troppo raffinato: nel florilegio di aromi che non dovrebbero essere presenti nell’ aria il mio olfatto sembra registrare il tanfo insopportabile di minestra inacidita, vomito e…merda. Il Pino mi canzona un po’, perché ho usato proprio quella parola, per lui troppo radical-chic ma poi conferma che il mio fiuto ha colpito nel segno, indicandomi per giunta un angolo dove è apparecchiato un rudimentale tinello con tanto di posate, pentolino e macchinetta per il caffè. Tra le macchine parcheggiate un cumulo coperto di foglie e fazzolettini indica la toilette. Quasi un chilometro di lungotevere occupato da un set cinematografico. Luci e teloni modificano l’atmosfera, illuminano gli spazi, riempiono con la finzione una realtà fatta di silenzi, passi frettolosi e guardinghi, buio e puzza. Pochi metri più in là, su uno dei tanti ponti di Roma, decine di turisti si fermano a fotografare la suggestione dei monumenti che si specchiano all’imbrunire nelle acque del Tevere, attorniati da venditori di bastoni per i selfie. File di bottiglie e cocci di vetro. In acqua, ciò che resta di un barcone semiaffondato. Lungo gli argini accampamenti di fortuna. Pubblicità invadenti all’orizzonte. Subito dopo il ponte ricomincia il buio. La trasmissione continua, noi seguitiamo a guardarci a tratti in faccia, in un silenzio che dice più di mille parole: ci sembra di attraversare un incubo, un orrido sfregio ad una città che nonostante tutto è un richiamo irresistibile per i turisti di tutto il mondo, vengono a vedere quel che è stato realizzato fino al secolo scorso, noi ai posteri stiamo consegnando solo la decadenza, l’implosione, la barzelletta che si ripete uguale ad ogni evento importante: progetti, soldi, mazzette, lavori fantasma, rincorsa agli ultimi giorni pre manifestazione, scandali, magistratura. Sono anni che funziona così. Ora però sembra proprio che la stessa Roma si sia trasformata in una sorta di corpo morente, rassegnato alla cancrena e a vedersi morire un po’ ogni giorno: quali speranze può avere una capitale in cui perfino dietro ai palazzi del potere si respira l’aria fetida del peggiore vespasiano, dove  le strisce pedonali non si vedono ma si intuiscono anche sotto al Campidoglio, dove i cassonetti traboccano dalla periferia più remota al centro storico, dove puoi ritrovarti a passare accanto ad una fila di panchine trasformate in monolocali, giardini pubblici adibiti a stenditoi, testimoni della presenza di esistenze ai margini sempre più numerose.

Risaliamo Prati fino a piazza Cola di Rienzo, dove ci fermiamo ad un bar che non serve solo i turisti ma anche residenti e chi lavora nei numerosi uffici. Seppur vicina al Vaticano, questa è una zona più defilata, in fin dei conti tranquilla. Negli ultimi tempi c’è stata l’esplosione dei localini e delle pizzerie, con i tavoli lungo i marciapiedi che durante la bella stagione si riempiono di gente. Le luci degli esercizi

mai titolo fu più azzeccato...

mai titolo fu più azzeccato…

commerciali danno una bella mano, nelle vie dove ce ne sono di meno la fa da padrone il solito buio e il solito tanfo. Anche qui, la segnaletica orizzontale si segue a memoria, nella speranza di non sbagliarsi e la raccolta differenziata s’è fatta anarchica: spesso compaiono pezzi d’arredamento e altri ingombranti vari accanto ai cassonetti, come se Ama non garantisse il ritiro a domicilio, come se in molti avessero perduto il senso del decoro e del vivere civile.

Finalmente giungiamo all’auto, parcheggiata nei pressi del Tribunale Civile. Abbiamo fatto bene ad incamminarci a piedi, durante il tragitto abbiamo incontrato si e no tre autobus per di più dopo un’ora di marcia, quando eravamo ormai quasi arrivati a destinazione. Abbiamo consumato le suole come i bravi cronisti di una volta. La trasmissione è appena finita, sui ringraziamenti di Enrico Pazzi ai collaboratori giro la chiave di accensione. Roma chiama. Chissà se prima o poi qualcuno risponde”.

Luciana Miocchi e Alessandro Pino

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Tra i cittadini per “Roma Chiama 88.100” : che ne pensate di Mafia Capitale e…se Marino si dimettesse? – di Alessandro Pino

15 Giu

Romachiama copertinaChe cosa ne pensano i cittadini romani dell’ultima tornata di arresti – assolutamente bipartisan – relativa all’inchiesta sulla cosiddetta “Mafia Capitale”, calderone ribollente e maleodorante dal quale sta uscendo letteralmente di tutto? E cosa farebbero se il sindaco di Roma Ignazio Marino decidesse di dimettersi? E in tal caso chi vorrebbero sulla poltrona di primo cittadino della Capitale? Sono le domande poste in un servizio andato in onda durante una puntata di RomaChiama 88.100, trasmissione radiofonica di approfondimento sulle vicende politiche e di attualità capitoline condotta dal giornalista Enrico Pazzi. Ovviamente le interviste sono state effettuate senza un campionamento scientifico ma si è cercato comunque di rendere varia l’estrazione sociale e culturale degli intervistati al fine di rendere l’idea dell’aria che tira in città:  le risposte alla prima domanda erano abbastanza scontate, avendo espresso la maggioranza delle persone il proprio sdegno (“schifo” è stata la parola più usata, a voler esser precisi) per il disastroso panorama emerso dall’inchiesta e che in un certo modo era intuibile dai più ancor prima che fosse ufficializzato dalle carte giudiziarie. Del resto occorre considerare che nessuno o quasi esprimerebbe ai microfoni di una radio – seppure in forma anonima –  il proprio consenso nei confronti del sistema delinquenziale raffigurato dalle accuse. Dalla seconda domanda è emerso un ben scarso consenso nei confronti dell’attuale sindaco di Roma, visto che per la stragrande maggioranza le dimissioni di Ignazio Marino sarebbero un bene e più di qualcuno si è spinto a dichiarare che festeggerebbe, ma è doveroso ricordare che ci sono state delle elezioni e qualcuno lo avrà pur votato: sembra quasi quando si parla del festival di San Remo, che nessuno ammette di guardare ma alla fine è seguito da molti. La sorpresa vera è stata invece la popolarità raggiunta – piaccia o meno – da Matteo Salvini, indicato in più casi, tra cui quello di una intervistata dal chiaro accento dell’est Europa, come ideale successore di Marino: si tratta certo di fantapolitica, ma ascoltare che una parte del pubblico propone il segretario della Lega Nord come sindaco di Roma – circostanza semplicemente impensabile fino a poco tempo fa – dovrebbe indurre a una seria riflessione.

Alessandro Pino

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RomaChiama 88.100 Fm: in radio le voci della Capitale

13 Giu

 

Nel nuovo talk show radio del venerdi sera condotto dal giornalista Enrico Pazzi anche  due vostre conoscenze…

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Enrico Pazzi in studio con Luciana Miocchi

Abbiamo deciso di inserire nel blog anche una serie di articoli legata agli argomenti dei quali ci siamo occupati per conto di Roma Chiama 88.100 Fm, trasmissione radiofonica – ma si può ascoltare e riascoltare anche in versione podcast sul sito http://www.radiokaositaly.com – di approfondimento sui grandi temi dell’attualità e della politica romana   condotta dal giornalista Enrico Pazzi. Il programma va in onda tutti i venerdì sera alle 20.00 e prevede l’intervento di ospiti e collaboratori presenti in studio o collegati al telefono per misurare il polso alle diverse zone di Roma: vi sono due rubriche fisse, una intitolata spiritosamente “I tre minuti del condor” è affidata al presidente del Consiglio del Terzo Municipio di Roma Capitale, Riccardo Corbucci, anch’egli giornalista, l’altra affidata a Matteo Scarlino, direttore responsabile di RomaToday, prende in considerazione le tre notizie più cliccate della settimana. Diversi i servizi audio che raccolgono le testimonianze di addetti ai lavori e cittadini, curati da giornalisti locali attivi da tempo sul territorio. Tra questi, ci siamo anche noi. Siete avvisati, quindi: le vostre opinioni ci interessano e stiamo venendo a intervistarvi!

Luciana Miocchi e Alessandro Pino

Roma IV Municipio: dopo Quella di corbucci, per Cardente arriva anche la querela di Enrico Pazzi

18 Mag

Da http://www.roma2013.org : “Ho dato mandato ai miei legali di sporgere querela nei confronti del consigliere del IV municipio Alessandro Cardente in seguito alle sue dichiarazioni, che riguardano la mia persona, rilasciate dallo stesso questa mattina ai microfoni durante l’odierna seduta consiliare del IV municipio. Puntualizzo, inoltre, che ho incontrato il suo legale, al solo fine di svolgere un’inchiesta riguardante il mancato ricorso al Tar che lo stesso Cardente dichiarava di voler presentare all’indomani delle elezioni municipali del 2008, pubblicata sulla mia testata http://www.roma2013.org il 19 giungo 2011. Inoltre, aggiungo che i miei rapporti con il partito dell’Italia dei Valori si sono limitati alla sola organizzazione dell’assemblea pubblica svoltasi venerdì 27 gennaio 2012 “Il trasporto pubblico è un bene comune”, che ha visto la partecipazione anche di esponenti di Sel e del Pd a livello municipale e regionale. Enrico Pazzi”.

Primo agosto in Municipio per la questione Metro B1

3 Ago

foto di Alessandro Pino

Nonostante la richiesta di spostarla a settembre, l’audizione dell’assessore alla mobilità di Roma Capitale, Antonello Aurigemma, si è tenuta regolarmente il primo agosto. Insieme a lui tecnici e dirigenti di Roma Metropolitane. Assente il presidente del Municipio Cristiano Bonelli, che ha lasciato delega a rappresentarlo al suo vice Pierleoni, per ben dieci giorni. Qualcuno dei consiglieri di opposizione ha voluto vedere in questo un modo per defilarsi dallo scontro con l’Assessore, ché tra i due sono volati più volte dei comunicati stampa diplomaticamente mordaci.
Numerosi cittadini e comitati seduti tra il pubblico.
Imprevisto prevedibile, la presenza del giornalista Enrico Pazzi che alcuni giorni prima aveva già messo sulla sua testata online la registrazione dell’ultima seduta consiliare e tempo addietro anche una dell’aula Giulio Cesare, quando svelò il segreto di pulcinella della malapratica dei consiglieri “pianisti”. Il suo atto di registrare nuovamente la seduta non è stato accettato dalla presidenza del consiglio e per un po’ la seduta è stata sospesa e lui allontanato dai Carabinieri. In merito a questo episodio si tornerà con un post specifico.
Interessante è stata la spiegazione del finanziamento della costruzione della metro B1 e del perché si è deciso di cambiare tracciato.
Dagli studi di fattibilità effettuati, la fermata “val Melaina” avrebbe comportato difficoltà a causa di un’autorimessa e dello scavo al centro della strada. Mentre a “monte Cervialto” il tracciato sarebbe finito sotto due palazzi e un’autorimessa in costruzione. In entrambi i casi, per tutti ci sarebbero state delle difficoltà statiche. Per “Serpentara”, prevista come nodo di scambio, il prg aveva diminuito sensibilmente lo spazio a disposizione, non più sufficiente. Al contrario, “Bufalotta” era stata pensata in una area vicino ad un parco e “Mosca” si presentava bene riguardo la vicinanza dell’uscita sul Gra, utilizzabile senza rifacimenti. Secondo il tecnico di Roma Metropolitane, il nuovo tracciato ha un impatto minore e gli studi condotti prevedono un flusso di utenza maggiore.
Dal pubblico è arrivata l’obiezione che essendoci meno difficoltà costruttive perché ci sono meno case nell’area prescelta non si spiega come possa essere possibile un afflusso maggiore di utenti. Al che il tecnico ha spiegato che il “nuovo tracciato presenta delle aree libere da poter utilizzare come cubature da costruzione”. Qui sono cominciati i rumoreggiamenti, proseguiti al momento della rivelazione che due delle stazioni della B1 sarebbero state costruite con il rilascio di 110.000 mq di cubature a stazione, più altri 110.000 in aree di riserva previste già per l’housing sociale. In questo caso specifico, le aree destinate ad housing sociale verrebbero vendute per il 40% dal proprietario direttamente con tale scopo, ma il restante 60% di quando previsto dal bando verrebbe rimesso sul mercato, venduto dal Comune agli stessi costruttori che possono edificare senza i vincoli previsti dal progetto housing, in aree che altrimenti non sarebbero state utilizzabili, come ad esempio nel caso di terreni agricoli. Un modo per agirare il prg, insomma. Non si conosce allo stato dove verrebbero localizzati questi nuovi metri cubi di costruzioni, sempre all’interno del territorio comunale. In pratica, si tratterebbe di accettare a scatola chiusa le aree di riserva, incrociando le dita nella speranza che non ricadano tutte nel territorio del IV Municipio. Per completezza di informazione bisogna richiamare il fatto che le cubature previste dal piano dell’housing sociale verranno realizzate comunque, sia che il progetto B1 venga realizzato o meno. Con un piccolo particolare che potrebbe fare la differenza, però. Nel caso B1, le abitazioni a prezzo sociale vengono decurtate drasticamente del 60%, regalando la possibilità ai costruttori di edificare in zone precluse altrimenti e di vendere a prezzo di mercato.
Infine, dopo la valorizzazione mobiliare, potrebbe comunque rimanere una parte di costo scoperto, che sarebbe da finanziare con un mutuo acceso dal Comune.
L’assessore Aurigemma ha inteso poi specificare che la realizzazione della metro non rientra nella tipologia del project financing ma trattasi di valorizzazione immobiliare e che è dato conoscere ancora le cifre assolute e i dettagli tecnici perché il bando per il reperimento delle aree da destinare ad housing sociale è ancora in corso.
Alcuni cittadini hanno contestato cifre e numeri, cubature paventate e costi stimati, in aperto contrasto con quanto riferito fin qui nelle vari sedi ed incontri, non ultimo anche con quanto indicato nel sondaggio promosso dal Municipio e pubblicato dal periodico Di.re., quando si è sempre parlato di alcuni milioni invece di alcune centinaia di migliaia di mc. In effetti, gli uffici intervenuti hanno preferito schivare la domanda su quanto corrisponderebbero in metri cubi i 110.000 metri quadrati a stazione dichiarati come costi. Potrebbe sembrare conveniente, quasi a costo zero. Si è parlato di un 330.000 mc, ma questo sarebbe vero se si trattasse di costruzioni alte tre metri, cioè un solo piano. In genere i palazzi ne hanno almeno tre o quattro. Ipotizzando un’altezza di quattro piani, cioè 12 metri, ecco che si arriva ad una stima di circa 4 milioni di metri cubi. La questione insomma, è ancora lontana dall’essere ben chiarita.
Appuntamento a Settembre con altre audizioni pubbliche, in applicazione del principio della concertazione.