[Roma] È stato riaperto il 15 giugno dopo una lunga chiusura il Museo Storico della Motorizzazione Civile, situato al civico 333 della via Di Settebagni. La riapertura, consentita dalla collaborazione tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Automotoclub Storico Italiano, nella giornata in questione era ristretta alla stampa e a una élite di membri dei club federati ma prelude a un prossimo ritorno a una piena fruibilità, dedicata specialmente alle scuole. <È un evento che non è un punto di arrivo ma l’inizio di una esperienza> ha commentato infatti l’ingegner Giovanni Lanati, dirigente generale della Motorizzazione Civile. Ha preso poi la parola – davanti a un parterre di soci giunti con le loro auto storiche in un tripudio di blazer blu sociali refrattari alla calura praticamente estiva, chiome cotonate e orologi di gran marca – il presidente dell’Asi, Alberto Scuro: <Abbiamo agito nel rispetto della storia effettuando interventi conservativi, curando la pulizia e la lucidatura> ha dichiarato, aggiungendo successivamente che <stiamo valutando di riaprire dopo l’estate avendo come target le scolaresche>. Significative le parole del professor Gino Scaccia, Capo di Gabinetto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: <Il tratto che accomuna queste auto è la passione di chi le cura come fossero figlie e con la riapertura stiamo cercando di trasmettere questa passione>. Dopo i discorsi di rito e il taglio del nastro tricolore è stato possibile vedere da vicino i veicoli e i materiali conservati nel Museo: tra questi la Fiat 500 A “Topolino” del 1937, la Fiat 508 “Balilla” del 1934, un camioncino Om “Lupetto” del 1962 sezionato a scopo didattico, l’autocarro Fiat 18 BL del 1914 che durante la Grande Guerra fu guidato in versione ambulanza anche da Ernest Hemingway, il prototipo della granturismo Alfa Romeo Montreal, definita all’epoca della presentazione (1967) “la massima aspirazione dell’uomo in fatto di autovetture”. Si tratta di veicoli che hanno contribuito a scrivere pagine di storia e di vita quotidiana italiane, anche le più drammatiche:
conservata come le immagini dei telegiornali la resero tristemente nota – fori di proiettili sul parabrezza inclusi – c’è la Fiat 130 blu ministeriale della strage di via Fani sulla quale viaggiava Aldo Moro con il caposcorta maresciallo Oreste Leonardi e l’autista, appuntato Domenico Ricci quella mattina di marzo del 1978 quando il leader democristiano fu rapito dai brigatisti rossi e gli uomini della scorta trucidati. In occasione della riapertura, è stata portata nel piazzale antistante il Museo un’altra vettura legata ad Aldo Moro e recentemente ritrovata: la sobria Peugeot 403 giardinetta blu carta da zucchero targata Bari appartenuta alla famiglia dello statista pugliese, a bordo della quale fu ritratto con la moglie Eleonora alla guida. Un rinfresco all’aperto cui si è unito anche l’architetto Valerio Moretti – ultimo superstite tra i soci fondatori dell’Asi e autorevole firma della lettratura di settore – ha concluso la mattinata: prima di andare via un ultimo sguardo al salone espositivo dal quale il pubblico è uscito, sperando che presto torni ad affollarsi.
Alessandro Pino
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