
[ROMA] Per circa quarant’anni era stato parte attiva del contesto di Settebagni ed era uno dei primi elementi che appariva a chi entrava nella borgata poi quartiere arrivando dal centro. Semplice, con le cornici delle vetrine di alluminio anodizzato e le tende alla veneziana verdine, ispirava una atmosfera familiarmente primi anni Ottanta.
Parliamo del chiosco che negli ultimi dieci anni era stato preso in affitto e gestito dalla fioraia Fabiana Pietroletti, facendosi apprezzare e conoscere non solo per la vendita in senso stretto di piante e fiori ma per la cura nella preparazione di composizioni e decorazioni, corone di laurea e cuscini e che a suo modo era diventato anche un punto di riferimento, di ritrovo per due chiacchere.

Il chiosco adesso ha cessato l’attività e a breve verrà smantellato, quasi una amara beffa proprio nella stagione della fioritura alla quale Fabiana rilevandone la gestione aveva dedicato il nome dell’esercizio: “La primavera”. Questo perché, a quanto pare, dopo quarant’anni è stato stabilito che non fosse a norma: da qui la condanna alla demolizione pretesa dal Comune, mentre per una eventuale ricostruzione i costi sarebbero insostenibili, come anche un ipotetico ricorso da parte della proprietà della struttura.
La vicenda che ha attirato l’attenzione anche dei corrispondenti di media regionali e nazionali ha suscitato sorpresa e amarezza tra i residenti: sono in molti quelli che ci sono rimasti veramente male e nell’ultimo giorno di attività si sono riuniti davanti al chiosco (nel rispetto del distanziamento attualmente imposto)
per manifestare la loro solidarietà e vicinanza alla fioraia: «Mi hanno ridato speranza e mi hanno aperto il cuore, non potrei mai ringraziarli abbastanza» ha dichiarato, anche se permane l’incertezza per un futuro diventato improvvisamente più fosco e cupo per di più in un momento storico come quello che stiamo attraversando: «era il mio unico sostentamento, programmi non ne ho»

È vero, si dirà che la legge è legge e che le norme questo prevedono ma allora ci permettiamo di osservare che vorremmo altrettanto occhiuto rigore da cantone svizzero su situazioni realmente fonte di allarme sociale e che in ogni caso le norme andrebbero fatte rispettare sempre, non a corrente alternata.
Eppure, viene da pensare, avevano detto che sarebbe andato tutto bene, che ne saremmo usciti migliori.
Alessandro Pino