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Torna la perdita d’acqua su via Salaria interna a Settebagni

23 Apr

Era iniziato come un piccolissimo affioramento lungo il rattoppo risalente all’ultima riparazione, un paio di giorni fa. Domenica l’acqua già è tornata a bagnare un tratto di strada di una ventina di metri, sotto il ponte della ferrovia , all’altezza del supermercato MD. É giá la terza volta che la conduttura idrica sottostante fa registrare delle perdite.

Luciana Miocchi

Eataly di Roma in anteprima per la stampa. Nel tempio del made in Italy culinario

22 Giu

Un lunedì mattina, squilla il telefono: «C’è una presentazione alla stampa questo pomeriggio all’ex Air Terminal Ostiense e io non posso andare, ti andrebbe di partecipare al posto mio?». La risposta, complici la mia solita incapacità a dire no unita al fatto che appena svegli non si è molto coscienti, non può che essere  «Ma certo». Ma certo anche se se non ho la minima idea di cosa si tratti, ricevo solo la rassicurazione che è un evento legato al cibo e si prevedono parecchi assaggi: quindi non  la solita soporifera assemblea di quartiere o sulle scaramucce tra consiglieri in municipio – già questo mi solletica – ma mi prendono proprio per la gola, mio punto debole, anzi debolissimo.

Dunque si parte col piede giusto, come conferma anche il fatto che per strada incontro poco traffico e una volta giunto sul posto riesco a trovare subito un posto per la macchina, per giunta con le strisce bianche quindi non a pagamento (c’è la crisi, anche l’eurino l’ora risparmiato ha il suo porco fascino). Raggiunto l’ingresso dell’Air Terminal vedo che non è più la struttura abbandonata di un tempo, simbolo dei peggiori sprechi di casa nostra e soprattutto noto sulle facciate in vetro una scritta enorme: “EATALY”, che è chiaramente un anglofono gioco di parole tra “eat” (mangiare, pronunciato “it”) e Italy. Promette bene insomma, un bell’esempio di riqualificazione urbana. Abbasso lo sguardo trovo un capannello di persone in attesa di entrare mentre gli addetti della vigilanza  spuntano i loro nomi da una lista. Il mio di nome non risulta, ma una telefonata a Marica di Santo – efficientissima addetta stampa di Slow Food, associazione di settore che è partner nell’iniziativa- risolve rapidamente la situazione: esce dalla struttura e mi porta dentro sotto gli occhi di quelli ancora attendono di passare e che un minuto prima mi guardavano con aria di sufficienza perché non avevo l’accredito.

All’interno attendo con tutti gli altri che inizi la presentazione – ospite d’onore Renata Polverini, presidente della Regione Lazio – e nel frattempo mi rendo rapidamente conto di dove mi trovo: l’intera struttura di quattro piani e diciassettemila metri quadri è stata trasformata in un vero e proprio tempio dedicato al cibo in tutte le sue forme, dalla ristorazione in piccoli locali interni affidati a imprenditori selezionati, al normale acquisto di cibi e ingredienti o anche di libri di cucina – c’è un intero reparto dedicato – e di strumenti per la preparazione, senza dimenticare iniziative come corsi di cucina, convegni e incontri a tema. Tutto all’insegna del tricolore nazionale, non solo per quanto riguarda il palato: anche gli arredi sono un omaggio a quanto ancora rimane dell’operosità italiana, come testimoniano le sedie trasparenti di Kartell presenti in tutti i piccoli esercizi presenti. Insomma, quello che già avviene nelle altre diciotto sedi di Eataly, di cui nove in Giappone e una a New York. Viene il momento di iniziare tutti insieme un giro per i quattro piani, guidati da Oscar Farinetti, il “dominus” di Eataly che, microfono e miniamplificatore alla mano, guida la maxicomitiva con Renata Polverini in testa.

A ogni reparto, ad ogni piccolo locale – ce n’è pure uno in cui si produce una mozzarella che nemmeno a Mondragone – Farinetti si ferma per una breve presentazione, con la presidente che saluta banconisti e commessi. E mi rendo conto tutto ad un tratto – facendo parte del medesimo spettacolo, lo ammetto – che ben pochi sono quelli che tengono dietro al tour presidenziale tra i banconi e gli scaffali in parte ancora da riempire: la stragrande maggioranza dei partecipanti, taccuini in tasca e fotocamere al fianco, si attarda in pantagruelici assaggi dando letteralmente l’assalto alle pietanze pronte per gli ospiti. Compassati giornalisti col papillon ed eleganti croniste con borsa ultrafirmata si accalcano come cavallette davanti ai salumi, le salsicce, i fritti, i sedanini cacio e pepe ( “eh ma sono crudi”), ai dolci; c’è pure la rosticceria con l’abbacchio a scottadito. Il tutto annaffiato da vini di qualità e – per gli astemi come il sottoscritto – acqua minerale a fiumi. Insomma uno spettacolo forse non elegantissimo ma che è un efficace segno di questi tempi di crisi, visto che tra gli addetti ai lavori la voce degli assaggi gratis si doveva essere sparsa da tempo. Anche Renata Polverini si adegua e rallentato il passo si concede qualche boccone e un paio di sorsate, compiacendosi evidentemente di alimentare non solo sé stessa ma l’immagine di persona verace.

Alla fine si giunge satolli nella sala delle conferenze dove le domande scarseggiano, le menti ancora rivolte alle delizie assaggiate poco prima. La domanda più gettonata: «Ma quando apre?». «Attorno al 18 giugno». Forse.  Il motivo di tanta genericità? «A noi piace non essere sicuri di niente».

Alessandro Pino

Il consigliere Arista, delegato alla sanità racconta “la cronistoria di un’ordinaria italica follia nella gestione della Casa di riposo di via Casal Boccone – di Concetta Di Lunardo

20 Gen

(pubblicato anche su http://www.agoravox.it)

Ad un anno dall’inizio delle mobilitazioni contro la chiusura della casa di cura “Roma2” di via Casal Boccone in IV Municipio, il bilancio è fallimentare:  proteste, atti votati all’unanimità e raccolte di firme non hanno scongiurato la chiusura voluta dal sindaco Alemanno e la Belviso. Quanto pesa, su tutta questa vicenda, la trattativa in corso sulla cementificazione di Casal Boccone? Mentre è in atto l’occupazione della struttura da parte dei Blocchi Precari Metropolitani nel tentativo di sottrarla alla speculazione, alla rendita e al profitto, il consigliere Alfredo Arista, delegato alla sanità e Presidente alla Commissione Bilancio e patrimoni del gruppo di maggioranza ( Pdl) in IV Municipio ripercorre nell’intervista “la dettagliata cronistoria di un’ordinaria italica follia nella gestione di una casa di riposo”-
Quali i costi di gestione della struttura?
La Casa di riposo Roma2 di via di Casal Boccone 112, nel 2008 accoglieva circa 70 ospiti di cui 56 autosufficienti gli altri avevano bisogno di cure particolari,  i dipendenti circa 50. A fronte di tali numeri reali, il Comune di Roma, corrispondeva alla F.im.it al quale l’Enpals, ente proprietario, aveva affidato la gestione dell’immobile per circa 1.400.000 euro. I costi complessivi della struttura, notevolmente sottooccupata, pesano al  Comune 5 milioni di euro l’anno! L’edificio necessita di interventi di manutenzione,  tanto che nel primo incontro da noi avuto con i responsabili di F.im.it, gli stessi si sono resi disponibili ad intervenire per un importo di circa 4.000.000 di euro per la ristrutturazione che avrebbe permesso l’agibilità di tutto l’edificio, Oggi alcuni padiglioni sono impraticabili per incuria e mal gestione, sempre in presenza di un rinnovo del canone di locazione da parte del Comune non inferiore al 1.380.000 euro che a loro parere era affitto congruo per tale struttura(inferiore di circa l’8% a quanto da loro percepito nel 2010).
Perché i dirigenti Fimit erano così sicuri di essere nel giusto nel richiedere un affitto così congruo?
Lo erano in quanto in possesso di un parere di congruità, per una struttura di tali dimensioni (circa 11.500 mq),  espresso da una dirigente del III dipartimento Patrimonio del Comune di Roma, ad aprile 2008, quando cominciò la trattativa per il rinnovo dei canoni. Considerato che la legge regionale 41/2003, regola in 120 il numero massimo di ospiti per struttura di accoglienza, per poter reggere tale affitto la struttura andava incontro a lavori di ristrutturazione importanti, magari prevedendo l’intervento della Regione, convenzionando una parte dei posti con una R.S.A., per poter accogliere almeno 240 ospiti in due aree recettive distinte che avevano in comune solo il reparto cucine, la lavanderia, l’area per la sterilizzazione e quella dei locali caldaie. Facciamo un passo indietro e speriamo che sia l’ultimo.
Quali i costi medi mensili per assistiti di una struttura del genere e la relazione con la decisione di chiuderla?
Oscillano tra i 300-400 euro per il soggiorno e arrivano ad un costo mensile tra 1500-1800 euro quando si aggiungono i costi dei materiali del personale, dei servizi, delle manutenzioni, che salgono per le RSA a 2100-2300 per i maggiori costi di medici e paramedici. I nostri circa 70 accolti a ”Romadue” costavano al Comune di Roma circa 6190 euro al mese (5.200.000/70accolti/12 mesi). I numeri chiariscono il fallimento e  l’insostenibilità da parte del Comune dell’impresa.
A settembre 2011 l’incontro voluto dai dirigenti di Fimit, che realizzano della chiusura al 31 dicembre 2011;
All’incontro è presente il Presidente Bonelli, con il quale lavoravo da mesi per trovare soluzioni sia di gestione che di abbattimento della lista d’attesa e ribadiamo che la struttura per riqualificarsi doveva accogliere un adeguato numero di ospiti, o non sarebbe stato possibile mantenerla aperta. A fine riunione ci viene chiesto di formalizzare una nuova proposta nuova di affitto che formuliamo a fine ottobre in sinergia col V dipartimento e l’Assessore competente, che ci hanno sostenuto, mettendo a disposizione le economie necessarie per poter portare a 240 il numero delle persone accolte in un posto che, finalmente ripristinato e ristrutturato, sarebbe stato reso fruibile anche da parte dei parenti degli accolti in visita.
Risposta mai arrivata, visto che gli anziani sono stati trasferiti
Attendevamo una risposta entro il 20 di novembre, termine ultimo datomi dal Comune per non iniziare le pratiche di trasferimento degli ospiti fino ad allora accolti. Il 10 novembre mi reco all’Enpals, proprietà della struttura,  per cercare un appoggio e  poter esercitare una qualche pressione positiva sulla Fimit.
Qual è stato il riscontro della proprietà?
L’incontro si concluse con gentili convenevoli e con la conferma del fatto che la Fimit aveva sì stipulato con loro un contratto di gestione e quindi il problema era di loro competenza, ma che in  tutto ciò avrebbero preferito lavarsene le mani. Realizzavo che il territorio avrebbe perso una struttura e che quanto mi stava a cuore, non era per Enpals una questione della quale curarsi!
La risposta da parte di  Fimit, alle vostre proposte per scongiurare la chiusura della casa di cura?
“La proposta da voi formulata non è accettabile perché più bassa di circa il 35% di quanto da noi richiesto (1.380.000 a fronte 860.000- 890.000 euro)  e in secondo luogo deve essere il Comune e non un ente terzo il nostro unico interlocutore privilegiato”.
Evidente che gli interessi in quell’area convergono in altre direzioni
I dilemmi dell’amara riflessione sono: è possibile vanificare un lavoro di mesi per non voler esporsi negli interventi necessari per poter rendere la struttura fruibile ad un numero congruo di ospiti? E’ possibile mandare in malora un edificio così importante per incuria, vista la presenza di un vincolo che non permette altre destinazioni d’uso della struttura almeno a breve termine? Si può essere così miopi da non capire che una struttura con un teatro reso un ripostiglio, una piscina tombata e quasi un ettaro tra parco e parcheggio mai soggetto a manutenzione negli ultimi 12 anni, debba avere un fondo di ammortamento per le manutenzioni ordinarie? Si può essere così trascurati e ottusi tanto da chiudere un piano per infiltrazioni di acqua (il 4° piano), senza ripararlo, in una struttura che ha reso oltre 15 milioni di euro di soli affitti, in 12 anni? Questo purtroppo accade anche se nutro speranza in un ripensamento e che il nuovo anno porti consiglio. Noi, da parte nostra, ci prodigheremo affinché, anche fuori tempo massimo, la casa di riposo “Roma2” di Via di Casal Boccone, possa tornare ad essere quell’importante polo di accoglienza per la terza età di cui i residenti e il territorio hanno ancora bisogno.

Concetta Di Lunardo

Casa di riposo “Roma 2”: ultimo atto – trasferito anche il centro Alzheimer, restano solo i vigilantes

5 Gen

(pubblicato su http://www.europagiovani.com/index.php?module=loadRubriche&IdCategoria=32&IdRubriche=317)

La casa di riposo di via di Casal Boccone è ormai ex. Corridoi silenziosi, arredi dismessi. Trasferito anche il centro Alzheimer. Tra poco, dietro i cancelli chiusi cominceranno a crescere rigogliose le erbacce che si impossessano di tutti i luoghi disabitati. La struttura intitolata a Italia Talenti a fine novembre era stata al centro di accese dispute politiche, suscitate dalla decisione del Comune di Roma di chiuderla perché ritenuta troppo onerosa per le casse cittadine, rispetto a soluzioni assistenziali alternative.

In quei giorni, le proteste iniziate mesi prima dai lavoratori delle cooperative impiegate nella struttura vennero rilanciate da un tam tam sui principali social network ad opera di alcuni comitati di quartiere, di semplici cittadini, di sindacati ed esponenti di partito che avevano capito la potenzialità dirompente dell’argomento. Invecchiare è una tappa d’obbligo per tutti, l’alternativa non è preferibile, come non immedesimarsi in un anziano che crede di aver raggiunto la stabilità affettiva e di routine di vita tanto necessari in un periodo dell’esistenza così delicato mentre invece viene invitato a cambiare di nuovo abitudini, compagni, ambiente.

Così l’abituale quiete del posto era stata rotta da animate manifestazioni. La serietà della faccenda era testimoniata anche dal calibro sempre crescente dei politici che si avvicendavano nel cortile, esprimendosi contro o a favore della dismissione, secondo il rispettivo orientamento. Diversi tra gli anziani residenti avevano voluto dire la propria ai giornalisti accorsi, raccontando i percorsi di una vita che li aveva portati a vivere in una struttura nel quale tutto sommato si trovavano a loro agio e che consideravano come una vera casa, con gli altri ospiti divenuti parte di una ricostituita famiglia e l’angoscia di dover ricominciare da capo ancora una volta.

Ad un certo punto era sembrato anche che potesse aprirsi uno spiraglio nelle trattative tra il Comune e la proprietà. Il consigliere municipale Alfredo Arista, Pdl, delegato a trattare con la proprietà ed il gestore aveva proposto di affiancare alla casa di riposo una struttura per anziani non autosufficienti, in modo tale da poter abbassare il costo di permanenza per ogni singolo utente, con i necessari lavori di manutenzione straordinaria a carico della proprietà. Il progetto era stato illustrato dallo stesso Arista durante la trasmissione di Serpentara Tv dedicata alla vicenda ( vedi http://www.livestream.com/serpentara/video?clipId=pla_713abb76-2b55-4ace-bac3-60808363c6b3)Stessa soluzione proposta dal Sindacato.

Il tutto, purtroppo,  si è risolto in nulla di fatto. Le volontà delle parti non si sono incontrate.I trasferimenti degli ospiti erano iniziati comunque, proseguendo mentre l’interesse per la vicenda dimostrato da quegli stessi politici che sembravano considerare la “Roma 2” il centro del mondo calava tanto repentinamente quanto era cresciuto poco prima. L’ultima partenza, quella che ha svuotato definitivamente la struttura è avvenuta il 31 dicembre. Ora della concitazione di quei giorni non è rimasto nulla: il piazzale antistante la costruzione è deserto, eccezion fatta per le auto delle guardie giurate che vigilano a scongiurare le probabili occupazioni e di un paio di pulmini che erano adibiti al trasporto disabili. Viene da chiedersi dove si trovano ora quegli anziani che avevano confidato a volti a loro sconosciuti la loro storia, la preoccupazione e anche la rabbia per essere stati dipinti in qualche articolo come dei disadattati dai capelli arruffati e dalla bocca sdentata.

Viene da chiedersi anche dove siano quei politici che avevano fatto a gara nell’apparire al fianco degli ospiti della “Roma 2”, alcuni dei quali si risentivano platealmente se non trovavano il proprio nome tra quelli citati negli articoli. E, infine, passando sulla strada che scorre ai piedi della collinetta, ci si chiede che fine farà lo stesso edificio, stretto d’assedio tra due ali di nuove costruzioni. Al momento l’area è vincolata dalla donazione Talenti. Gli edifici, già in parte inagibili, rischiano di divenire irrecuperabili. La proprietà per quanto sosterrà i costi di una vigilanza che sorveglia un bene che non produce nulla?

Luciana Miocchi e Alessandro Pino

“Il futuro è adesso”. Alla sala Agnini l’Italia vista dall’Europa – incontro con la eurodeputata Debora Serracchiani

8 Dic

Silvia Di Stefano, Dario Nanni, Debora Serracchiani, Riccardo Corbucci (foto A. Pino)

«Andare ad elezioni dopo le dimissioni del governo Berlusconi? Era da irresponsabili e anche impossibile. Il Presidente della Repubblica si è fatto carico di affidare il paese a chi meglio di altri poteva rappresentarlo in Europa». Ha esordito così Debora Serracchiani, europarlamentare Pd, quando ha preso la parola durante l’incontro “Il futuro è adesso” nella Sala Agnini di Viale Adriatico, a Montesacro. Precedentemente a lei erano intervenuti Silvia Di Stefano, coordinatrice del circolo Settebagni-Castel Giubileo che ha coordinato gli interventi, Riccardo Corbucci, vice presidente del consiglio municipale e Dario Nanni, consigliere comunale. Presenti, insieme a numerosi cittadini, molti esponenti locali del partito. Contrariamente a quanto avviene di solito, con l’esponente di spicco che si fa attendere, i lavori sono iniziati con una puntualità svizzera, alle 18.

Silvia Di Stefano ha ricordato che l’assemblea regionale del Partito democratico il prossimo febbraio svolgerà le primarie per le elezioni del nuovo segretario, forse insieme a quelle per il candidato sindaco di Roma e per il candidato alla presidenza del IV municipio. Corbucci e Nanni hanno raccontato delle loro battaglie in Municipio e all’assise capitolina, degli abusi dei mondiali di nuoto e di un certo modo di amministrare la città per cui si cedono le ex aree mercatali, a volte molto pregiate a società di costruzioni che realizzano lauti guadagni avendone in cambio pochi appartamenti che non riescono a vendere in zone ultra periferiche della città.

Poi è iniziato l’intervento dell’europarlamentare, particolarmente atteso. Non capita tutti i giorni di poter avere testimonianza diretta di quanto avviene a Strasburgo, figuriamoci in un municipio grandissimo si, ma considerato “periferico” rispetto ad altri. Oggi come oggi l’argomento “Europa” è molto sentito, visto che è nel suo nome che ci vengono chiesti ed imposti sacrifici importanti.

Parla velocemente, senza sprecare tempo né una parola più del necessario, l’eloquio allenato anche dal fato di essere un affermato avvocato specializzato in diritto del lavoro.

«Per descrivere la nostra situazione in Europa, partirei da due fotografie, indicative. La conferenza stampa Merkel-Sarkozy, con la risatina rimasta famosa e poi un’altra conferenza stampa dove c’erano tre persone sullo stesso piano: Merckel, Sarkozy e Monti.

Nel giro di qualche giorno l’Italia si è trasformata, almeno nella forma, ed è tornata ad avere un ruolo centrale, il ruolo che gli è stato riconosciuto quando ha co-fondato la comunità europea insieme alla Germania e la Francia, ruolo che negli anni avevamo in qualche modo perso.

In pochi giorni, in poche settimane noi abbiamo riconquistato quell’affidabilità e quella credibilità che l’Europa pretendeva dall’Italia. In questo momento ci viene riconosciuta la nostra funzione di pontiere tra Francia-Germania e i paesi in difficoltà economica insieme a noi».

Il tempo scorre veloce, l’argomento è talmente interessante e vasto che nessuno interrompe per fare domande. «Ora c’è il problema di come quelle tre persone hanno intenzione di affrontare la situazione. L’Europa è arrivata a gestire questa crisi economico-finanziaria in maniera impreparata, senza la forza politica che doveva accompagnarsi alle scelte economiche e finanziarie che sono state fatte negli anni. Nel 1992 Jacques Delors diceva che la banca centrale europea contava 340 milioni di utenti ed era impensabile che non vi fosse l’accompagnamento di precisi e forti impegni politici. Dal 92 ad oggi di costruzione politica dell’Europa se ne è vista ben poca. Arriviamo quindi alla crisi economica attuale sommandola alla crisi strutturale che già c’era. Questa attuale però non è l’Europa di Khol, Mitterand e Delors ma è quella di Merkel, Sarkosi e fino a qualche giorno fa di Berlusconi. E’ differente la classe dirigente che affronta la crisi. Basta ricordare che se avessimo aiutato la Grecia un anno fa ci sarebbe costato la metà di quanto ci sta costando adesso. Se la Germania avesse sciolto il nodo degli aiuti finanziari alla Grecia avremmo evitato di bruciare in due settimane diciassette miliardi di euro e li abbiamo bruciati semplicemente perché bisognava attendere le elezioni in alcune regioni tedesche. Abbiamo un’Europa poco politica, leadership internazionale in difficoltà e stati nazionali che di fronte alla crisi invece di affidare un pezzo della loro sovranità nazionale se la riprendono, in particolare due grandi stati che in qualche modo si impegnano a fare da soli.»

Anche le curiosità riguardo la figura del premier Monti vengono anticipate. « Monti diventa determinante. Quei tre in comune non hanno nulla, la loro visione dell’Europa è profondamente diversa. I premier francesi e tedeschi pensano di poter fare da soli, l’italiano è un convinto europeista, che ha fatto il commissario europeo per anni, vuole la collegialità. L’apporto dell’Italia in questo caso è di arricchimento di quelle scelte che i capi dei due grandi stati non hanno fatto fino in fondo. Ne cito alcune. Noi siamo qui in bilico a decidere se fare o no il fondo salvastati, siamo in bilico a decidere se fare o no gli eurobond, che sono mettere insieme il debito degli stati nazionali, darlo in qualche modo all’Europa e a cercare di garantire che tutti gli stati, nessuno escluso, possano affrontare la crisi e magari anche superarla. C’è anche una difficoltà di individuazione della strategia e di individuazione della visione. La Merkel crede nell’Europa ma ne vuole il controllo, non è pronta a fare il passo di affidarsi ad un’Europa che mette insieme gli stati, si prende impegni politici e assume responsabilità verso gli altri stati membri. L’ingresso improvviso, voluto dell’Italia, è fondamentale.»

Sul diverso modo di reagire alla crisi dei stati membri, la Serracchiani dice «la crisi economico-finanziaria ha colpito tutti i paesi non soltanto quelli europei. Ognuno dei nostri 27 però ha reagito in maniera diversa. La Polonia ha un tasso di crescita superiore alla Germania. La Svezia è addirittura in crescita. Il Financial Times ha addirittura premiato il ministro svedese che per primo ha letto la crisi, ha bloccato i bonus alle banche e ha cominciato a fare quelle azioni che a noi vengono chieste tutte insieme, all’improvviso. Dobbiamo chiederci perché in questi ventisette stati ce ne sono molti che hanno una difficoltà economica superiore alla nostra, non solo la Grecia ma anche Portogallo, Spagna e Irlanda ma la Bce ha scritto solo a noi? Questo è un problema più politico. L’Italia è uno stato che aveva già promesso quegli interventi , in tre anni abbiamo fatto tredici manovre, dicendo sempre che eravamo pronti a fare le grandi riforme, avevamo già promesso che le avremmo fatte ma poi in realtà non è stato così. La banca centrale europea scrive proprio a noi perché in qualche modo sembravamo trascurare la questione, bastava prendere un qualsiasi giornale italiano per convincersi che la crisi non c’era.

Qualcuno ha reagito meglio. Viene da domandarsi cosa questi stati hanno fatto che non è riuscito a noi. La Spagna in campagna elettorale. ha spostato le tasse dal lavoro al capitale, ed è nel nostro paese un fatto che non è stato preso neppure in considerazione. Noi non abbiamo fatto la patrimoniale. Ora ne possiamo parlare liberamente, ma fino a qualche mese fa non si poteva neppure utilizzare il termine. In questo senso spero che monti vada fino in fondo con i tre requisiti rigore, equità, crescita. Che vanno messi insieme, non tenuti distinti. Rigore, se fai delle azioni che deprimono, devi fare un azione altrettanto equa. In Europa la patrimoniale è di due tipi, straordinaria con un aliquota più alta ma limitata nel tempo o più bassa ma in vigore per più tempo. Sarcozy  aveva promesso che l’avrebbe eliminata ma appena eletto ha detto ora non si può. In Francia si tassa tutto il patrimonio ma per loro è più semplice, non hanno il tasso di evasione che c’è da noi, che tassiamo solo l’immobiliare perché è quello più difficile da nascondere. Va bilanciata tenendo in considerazione anche la liquidità, con equità va valutato anche il reddito della persona perché essere proprietario di immobile non significa automaticamente avere la liquidità per pagare. Se queste scelte le avessimo fatte per tempo ora ci sembrerebbero più accettabili.»

Altro punto dolente da spiegare, le pensioni. «In Europa si dice che il nostro sistema pensionistico tiene, ma tiene nel lungo periodo, per i prossimi quindici anni no, perché c’è il peso delle pensioni di anzianità di chi ha iniziato a lavorare molto giovane e che, accumulato li anni di contribuzione, sta andando in pensione. Nel tempo sono sempre di meno quelli che hanno iniziato a lavorare presto, se si è 25 anni e molti di quelli che cominciano ora non accedono neppure all’inps ordinaria ma alla gestione separata. Il peso c’è ora. Ci sarà un aggiustamento? Molti sono gli interventi da fare prima di toccare le pensioni, ma se si decide di fare questo, le opzioni che più probabilmente verranno richieste all’Italia sono l’innalzamento dell’età già previsto per il 2026 e il passaggio al metodo contributivo, si abbassa un pochino la pensione ma diventa più equa, poi la flessibilità in uscita, cioè il lavoratore decide quando vuole uscire più lo fa prima più ne prende di meno. Ancora si possono eliminare tutte le pensioni privilegiate che esistono in questo paese. Potevamo farlo dieci anni fa, quando c’erano le condizioni economiche».

Sui problemi del sistema Italia il suo pensiero è «Al di la della crisi economica, il paese ha un problema di competitività rispetto agli altri i.. qui l’energia elettrica costa il 26 per cento in più della media europea, il carburante subisce due accise, mancano le infrastrutture e trasportare merci costa il 20 per cento in più. C’è un eccesso di burocrazia. L’ Eeuropa batte sulla competitività.»

Sul costo del lavoro: «Si dice che in Italia il costo del lavoro è troppo elevato per cui non si fa impresa. In parte è vero ma come mai in Germania il lavoro costa di più e gli stranieri vanno a mettere li le lori imprese? Ci vanno perché il paese è più competitivo. C’è anche un problema culturale per cui da noi i lavoratori sono sempre un costo per cui se una azienda deve abbattere i costi la prima cosa che fa è tagliare il personale. Perché noi siamo ancora convinti che un lavoratore che viene specializzato in quell’azienda e viene fidelizzato costa molto di meno di quanto costi cambiare in continuazione dipendenti. E da altre parti l’hanno già capito. In Italia è complicato capire che il mercato del lavoro va riordinato perché non è normale che se io decido di assumere una persona ho trentaquattro forme diverse contrattuali per farlo. »

L’intervento politico come esponente del Pd

«Ora abbiamo un governo tecnico, ma i governi non sono mai tecnici, sono politici. Monti ha fatto il commissario in Europa per dieci anni alla concorrenza al mercato unico e ha aperto una procedura di infrazione alla concorrenza a Microsoft. Mettere insieme ventisette teste diverse non è roba da tecnici ma da politici. E comunque, se se questi faranno le cose fatte bene, perché dopo dovrebbero rimettere il paese in mano alla “politica”?

Dobbiamo seguire passo passo tutto quello cha andrà ad accadere perché non sarò sufficiente se la politica non avrà l’ambizione di cambiare il modello culturale nel quale questo paese vive. Dobbiamo tornare a dire questo è uno Stato,  è una comunità, una nazione con il rispetto delle istituzioni, l’etica. Alcuni hanno detto ad esempio che l’appello che ha fatto il presidente alla necessità di dare la cittadinanza ai giovani che si sentono  italiani, che nascono in Italia da famiglie straniere, non è una priorità perché ora c’e altro da fare. Questo può riguardare il governo Monti perché deve fare delle scelte economiche ma non può riguardare la politica che deve fare delle modifiche al modello culturale. Possiamo fare due scelte; mettere quelle persone ai margini della società e non considerarli italiani ma quando si mettono le persone ai margini delle società quelle si incattiviscono e diventa difficile conviverci, oppure che diventino italiani, che ci sia un possibilità di assumersi i diritti ma soprattutto i doveri di essere cittadini italiani. Perché allora si costruisce un paese diverso. Ci aspetta una campagna elettorale dura, perché chi ha fatto una scelta vergognosa di mettersi all’opposizione, per tenere il proprio consenso elettorale, mi riferisco alla lega nord, che poi non ha avuto neppure il coraggio di portarci fuori da una situazione difficile. Quella forza politica farà solo un tipo di campagna elettorale: no all’ Europa, salviamo gli italiani mandiamo via gli immigrati, salviamo il nord togliamo il sud. Il nostro è l’unico paese europeo che durante la crisi ha tagliato scuola, sanità e ricerca. E anche qui la volontà politica era chiara, un popolo ignorante si governa molto meglio. Tutte queste cose le sentiamo nostre ed è una battaglia da fare in questi quindici mesi, dove la politica deve appoggiare questa sfida economica ma deve avere l’ambizione importante di tornare ai valori dell’etica. Quello che sta succedendo a questo paese è che sta tornando normale. Non è un pese normale quello che si stupisce se il presidente del consiglio va a vedere una mostra, si mette in fila e paga il biglietto. Non è neppure normale un paese che si stupisce se il presidente del consiglio potendo scegliere tra due aerei uno più grande e uno più piccolo sceglie quello più piccolo. Come non è normale aprire il giornale e trovare uno ricco che dice fatemi pagare più tasse. Dobbiamo ritrovare la normalità. Le battaglie sindacali sulla dignità del lavoro, sulla sicurezza. Dobbiamo recuperare la normalità. Dobbiamo impegnarci tutti a stare sul territorio marcando la differenza tra noi e gli altri per governare al meglio dove già lo facciamo e tornare dove non siamo più. Se vogliamo tornare in Europa dobbiamo farlo a testa alta.»

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Dopo l’intervento a “Il futuro è oggi” Debora Serracchiani ha accettato di rispondere ad alcune domande poste da www.europagiovani.com

(per leggere l’intervista completa copiate l’indirizzo http://www.europagiovani.com/index.php?module=loadRubriche&IdCategoria=25&IdRubriche=307  )

Luciana Miocchi