Archivio | aprile, 2013

Un nonnino costretto a dormire in treno perchè non ha più una casa. Il Comune di Torino risponde – di Alessandro Pino

25 Apr

foto A. Pino

foto A. Pino

“Ultraottantenne italiano costretto a dormire sui treni dopo lo sfratto”: la notizia era di quelle che a parecchie persone fanno davvero girare le scatole, specialmente di questi tempi in cui divampano polemiche sulle risorse economiche destinate al mantenimento dei sempre più numerosi stranieri giunti in Italia su qualche barcone. L’avevo trovata nel mio giro mattutino in quella piazza telematica che è Facebook (l’altro social network, quello dei cinguettii, devo ancora capire come funziona) e non aveva l’aria di essere una bufala messa in giro da qualcuno alla ricerca di consensi facili: gli articoli apparsi sulla pagina personale di uno tra i miei contatti più affidabili erano  pubblicati da testate ben note e c’era anche un filmato. La vicenda presentata era quella, appunto, di un anziano e distinto signore piemontese privo di mezzi economici che dopo aver perso la casa si era adattato a vivere sui treni da e per la stazione di Torino Porta Nuova, viaggiando gratis sui convogli in virtù di un permesso speciale riservato agli invalidi. Fossimo stati giornalisti di quelli forniti di mezzi e risorse in quantità, ce ne sarebbe stato abbastanza per partire di corsa alla volta della ex capitale sabauda. Purtroppo però non facciamo parte di quel fortunato novero (non ancora, almeno!) però la storia era di quelle che grida davvero vendetta per rimanere con le mani in mano. Dietro suggerimento del suddetto contatto (la scrittrice mantovana Anna Talò, giornalista anch’essa) spedisco allora una mail alla casella elettronica che il Comune di Torino ha destinato a chi voglia rivolgersi al sindaco Piero Fassino (o più verosimilmente ai suoi collaboratori). Lo faccio con non troppa convinzione, dubitando persino che qualcuno legga il messaggio e già pregustando di poter produrmi in una delle mie consuete tirate sulle istituzioni e sui politici italiani che se ne fregano dei loro connazionali. Un paio di mattine dopo, squilla il cellulare (il cui numero avevo comunicato nella missiva) e sullo schermo leggo una serie di cifre che comincia con 011, il prefisso di Torino.

 All’altro capo della linea, un funzionario dell’amministrazione torinese mi comunica di aver letto la lettera informandomi altresì che la vicenda era da tempo a conoscenza delle autorità e che però l’anziano signore che vive sui treni non le aveva più contattate. Il mio interlocutore mi chiede poi se per caso io conosca personalmente l’ottuagenario in modo da poter fornire notizie più precise, essendo il suo ultimo indirizzo noto quello della casa da cui era stato sfrattato. Ovviamente rispondo che no, non lo conosco, suggerendo che sarebbe il caso di farlo cercare in stazione dai vigili urbani o dagli assistenti sociali, visto che nei servizi televisivi la persona in questione è apparsa molto familiare ai frequentatori abituali dello scalo ferroviario e quindi di agevole reperibilità. Il funzionario replica – forse punto nella sua professionalità? – che proprio questo è il loro mestiere e che si sta già procedendo in tal senso. Segue un breve ringraziamento reciproco all’insegna della cortesia di circostanza (non per nulla ho qualche avo torinese). Qualche telegiornale ancora si occupa della vicenda che spero si risolva; se accadrà, il merito ritengo vada anche al tam tam consentito dalla rete a volte troppo criticata e – ne va dato atto – al Comune di Torino, presso il quale evidentemente qualcuno legge davvero le lettere scritte dai cittadini.

Alessandro Pino

Antonio Maccanico e Teodoro Buontempo. Muoiono a distanza di meno di 24 ore due esponenti politici agli antipodi tra di loro

24 Apr
foto diroma.com

foto diroma.com

(pubblicato su http://www.di-roma.com)

Nel primo mattino di ieri era toccato ad Antonio Maccanico, ricoverato in una clinica romana, segretario generale del Quirinale ai tempi della presidenza Pertini, più volte ministro e vicepresidente del Consiglio con Ciampi. Era nato ad Avellino nel 1924, figlio e nipote dei cofondatori del partito d’azione, formazione che tra il 1942 e il 1947 si andò a collocare all’opposizione antifascista, con ispirazioni mazziniane e democratico-risorgimentali.

Partecipò alla resistenza con la formazione di Giustizia e libertà e poi si oppose alla svolta di Salerno. Antimonarchico, in contrasto con le linee democratico-riformiste di Ugo La Malfa e con quelle socialiste rivoluzionarie di Emilio Lusso, in seguito alla sconfitta elettorale del 1946, lasciò poco prima che Pda si dividesse in due tronconi che sarebbero poi confluiti nel Psi e nel Pri, iscrivendosi al partito comunista, che abbandonò all’indomani dell’invasione dell’Ungheria da parte dell’Urss per approdare anche lui nel Pri.

Passato all’Ulivo, presentò la legge sulla regolamentazione del sistema radiotelevisivo e fu estensore del “Lodo Maccanico” che prevedeva la sospensione dei processi per le cinque cariche più alte dello stato. Legge che disconobbe dopo le modifiche apportate successivamente dal “Lodo Schifani”
In campo europeo partecipò alla preparazione della convenzione europea per le elezioni dirette del Parlamento Europeo.

A distanza di poche ore, alle prime luci dell’alba del 24 aprile, è toccato a Teodoro Buontempo, presidente de “La Destra” e popolarissimo a Roma. Di origini chietine, il sessantasettenne ex assessore alla casa della giunta Polverini era ricoverato da una ventina di giorni in una clinica privata, in attesa di un trapianto, prima che le sue condizioni precipitassero.

Era stato uno dei leader storici prima dell’MSI e poi di An, prima di lasciarla in polemica con Gianfranco Fini. A Roma era famoso per la sua capacità di tenere discorsi lunghissimi, capaci di sfiancare la resistenza di qualunque interlocutore politico, specialmente nei consigli capitolini, in cui fu eletto consigliere inineterrottamente dal 1981 al 1997.

Il soprannome con cui era conosciuto “Er Pecora” veniva in diretta dai primi tempi in cui, emigrato da Ortona a Roma nel 1968, visse nella capitale dormendo in macchina o alla stazione Termini. Successivamente, dopo essere stato dirigente della Giovane Italia, divenne il primo segretario del Fronte della Gioventù.

Forse pochi sanno che Buontempo fu anche il fondatore e conduttore di una delle prime radio libere degli anni settanta, “Radio Alternativa”, con la quale metteva in contatto migliaia di militanti e trasmetteva “musica alternativa”.

La sua carriera in Parlamento inizia nel 1992, quando viene eletto come deputato con il Msi-Dn e dal 2001 per An. Nel 2013 manca l’obiettivo in quanto La Destra racimola un risultato modesto. Diffusissima in Facebook l’emozione fra coloro che lo conoscevano e fra gli appartenenti a La Destra: i messaggi si susseguono senza posa e comunque da giorni vengono scritti post di solidarietà e vicinanza alla famiglia Buontempo.

L’alba del Giorgio dopo. Napolitano è il XII Presidente della Repubblica italiana

22 Apr

(pubblicato su http://www.di-roma.com)

NAPOLITANOL’italia ha il suo nuovo, anzi vecchio, Presidente della Repubblica. Dopo cinque scrutini con fumata nera, il Presidente uscente ha ceduto alle pressioni congiunte di Pdl, Pd e Centro e, nonostante avesse più volte ribadito la propria intenzione a non ricandidarsi, ha accettato di cavar le castagne dal fuoco ad una politica sempre più incapace di prendere la minima decisione.  Per Scalfaro, nel 92, si arrivó alla diciottesima votazione in un clima pesantissimo,con all’orizzonte la fine della prima Repubblica sotto i colpi delle inchieste giudiziarie, Dc e Psi che non volevano arrendersi all’evidenza dei sintomi e lottavano per imporre i propri nomi al resto dei partiti che invece avevano ben chiaro che si era prossimial crollo verticale della polica fino ad allora conosciuta. Questa volta ci si  è fermati prima e dopo appena tre giorni si è scelto come salvatore della patria un fresco giovanotto di ottantotto anni – Napolitano li compirà a giugno – e, passi per Bersani ormai costretto a navigare a vista, passi per Monti che si è sempre aggrappato all’Istituzione, non si capisce l’appoggio di Berlusconi che aveva più volte nel corso degli anni tacciato il neoPresidente di essere di parte, comunista e dedito all’interferenza negli affari del governo. Infatti nelle Inquadrature dei tg, il più contento, con un sorriso a settantadue denti è proprio lui,  riuscito a rendere indispensabile il suo intervento, un vincitore.

Bersani non è l’unico ad uscire con le ossa rotte da queste elezioni, anche l’intera dirigenza si è dimessa, aprendo le porte ad un congresso straordinario dove verranno regolati parecchi conti e forse i rottamatori o i giovani turchi o come sceglieranno di farsi chiamare, rousciranno finalmente a mettere le mani su un corpo ormai agonizzante, capace di trasoemare una vittoria annunciata nella peggiore delle sconfitte. In realtà è l’intero sistema dei partiti di governo ad essere malato, incapaci di accettare un rinnovamento invocato dall’intera nazione preferiscono tirare a campare affidandosi alla credibilità di un uomo di Stato che se anche non è stato dei più amati sicuramente non ha mai messo in imbarazzo il paese difronte la comunità internazionale. L’usato sicuro, insomma, che consenta un governo del Presidente che possa realizzare quelle riforme, come la giustizia, il sistema elettorale e il conflitto di interessi, che in questi 21 anni di Seconda Repubblica nessuno ha mai voluto o potuto, varare. A voler malignare le ragioni di una scelta incomprensibile all’opinione pubblica sono due: tra i franchi tiratori che hanno bruciato prima Franco Marini e poi Romano Prodi ci devono essere degli aspiranti alla carica che premendo per una scelta necessariamente di breve termine sperano cinicamente che si presenti il momento propizio per eleggere se stessi oppure l’intento era quello di escludere, costi quel che costi, qualsivoglia candidato appoggiato da Grillo, senza nessun risentimento di carattere personale verso Stefano Rodotà, giurista ex garante della privacy e presidente dei Ds, uomo già conosciuto nel sistema quindi, ma con il peccato originale derivante dalla sua designazione esterna ai partiti tradizionali ad opera di un movimente che in questi due mesi dai risultati delle urne non ha voluto costruire un dialogo con nessuno e quindi potenzialmente destabilizzante.

L’impressione che l’opinione pubblica ne ha ricavato non è stata delle migliori. Senza voler tohliere nessun merito all’uomo di Stato, la scelta di un quasi novantenne restituisce l’immagine di una politica che si avvita su se stessa nel tentativo di salvare l’egemonia di pochi noti e chiede di fare la foglia di fico a termine ad un nonnino troppo ligio al dovere per inviarli a quel paese. Di solito è l’eletto che ringrazia, non gli elettori, come è avvenuto ieri, aspiranti gattopardi senza la forza di cambiare tutto perchè rimanga tutto uguale.
Sono tempi tristi questi, dove non sembrano esserci figure carismatiche  e competenti. Tutti aprono bocca e gli danno fiato senza pensare alle conseguenze, come Grillo che denuncia il colpo di stato – in diretta tv e secondo i regolamenti delle camere unite –  e invoca la rivolta delle piazze, salvo poi far marcia indietro e raccomandare la protesta pacifica. Che abbia ricevuto un’amorevole tirata d’orecchie dal ministro dell’Interno, annamaria Cancellieri, già Questore?
Chi in piazza ci è andato davvero racconta che le poche decine di attivisti grillini ripetevano “golpe” e “rivoluzione” come un mantra isterico, davanti alle forze dell’ordine schierate e preparate al peggio.
Da parte sua Quagliariello, uno dei “saggi” designati da Napolitano ci mette il carico da novanta, dicendo davanti ai microfoni “Non possiamo governare facendo quello che dicono le piazze, la politica è politica”. Chi legge tragga  le conseguenze.
Nichi Vendola, leader di Sel che aveva tenuto fede agli accordi presi, ha annunciato l’apertura di un nuovo cantiere per la rifondazione di una sinistra da iscrivere al partito socialista europeo.

A nemmeno un giorno dalla riconferma di Napolitano, intanto, già si rincorrono le voci su una possibile composizione del futuro governo, con papabili Enrico Letta e Giuliano Amato, nonchè Monti al ministero degli Esteri. Il vecchio che avanza e non arretra, a meno che non si voglia considerare una novità il già pensionato Amato, già primo ministro qualche lustro addietro e sempre presente sulla scena politica.
Intanto domani Giorgio Napolitano renderà note le motivazioni che l’hanno spinto a tornare sui suoi passi e chissà che non faccia delle rivelazioni “scioccanti”.
Luciana Miocchi

Totopresidente secondo atto: il Professore non passa e Bersani si dimette ma solo un po’

20 Apr

(pubblicato su http://www.di-roma.com)

Seconda giornata di scrutini presidenziali. Alla terza votazione, come preannunciato, a farla da padrone sono state le schede bianche, ben 465 – sia del Pd che del Pdl – e Stefano Rodotà che ottiene 250 preferenze. Romano Prodi, indicato come nuovo candidato del Pd durante la notte, 33.

Tutti aspettavano il quarto scrutinio, a partire dal quale la maggioranza necessaria all’elezione si sarebbe attestata soltanto alla metà più uno dei voti. Il “Professore” bolognese non era un candidato condiviso, come richiesto dal Pdl e, nonostante fosse presente nella rosa dei primi dieci delle Quirinarie del M5S questi hanno annunciato che non l’avrebbero votato continuando a preferire Rodotà che in un primo momento aveva dichiarato pure che si sarebbe fatto da parte per il bene del paese, per poi ritornare sui suoi passi dopo un colloquio con Crimi e Lombardi. 

Normali manovre politiche, che si sono sempre verificate in occasioni del genere. Altre volte il nome del Presidente è giunto solo alla fine di trattative faticose e giornate travagliate.

Emiliano Bono, responsabile Fratelli d''Italia di Monte Sacro

Emiliano Bono, responsabile Fratelli d”Italia di Monte Sacro alla manifestazione della mortadella

Questa volta invece è andato in onda uno spettacolo mai visto. Il Pdl ha invocato la sollevazione popolare e Fratelli d’Italia ha inscenato in piazza Montecitorio una manifestazione “goliardica” anti-Prodi con tanto di distribuzione di panini con la mortadella – dal soprannome dissacratorio affibbiato al professore bolognese – e passerella di politici. Dentro l’emiciclo, per il Pdl, un’Alessandra Mussolini in grande ispirazione si presentava con una maglietta artigianale con su scritto “Il diavolo veste Prodi”.

Il meglio doveva ancora venire. Allo scrutinio della quarta votazione è andato in scena il dissolvimento del Pd: cade sotto i colpi di un centinaio di franchi tiratori anche Romano Prodi. Nichi Vendola si chiama fuori da ogni sospetto, Sel ha votato compatta “R.Prodi” e le sue schede sono riconoscibili. La faida è tutta interna al partito di Bersani, il Pdl aveva annunciato scheda bianca e M5S, sostenitore di Rodotà, alla fine si ritrova con cinquanta preferenze oltre le proprie a favore dell’ex garante della privacy. Non ci sono appelli, non ci sono scuse, le correnti armate l’una contro l’altra del Pd annientano anche il secondo candidato e non si tratta di “omicidio” ma di suicidio politico, per il partito che in meno di due mesi passa dalle stelle alle stalle. Alla stampa viene detto di cercare i traditori tra i renziani e i dalemiani. I panni volano in diretta e davanti a tutti, in queste tarde idi di aprile.

In tarda serata arriva laconico l’annuncio di Pierluigi Bersani che si dimette ma solo un po’. Infatti il suo abbandono sarà formalizzato ad elezione del Presidente della Repubblica avvenuta.

La soap prosegue anche durante il week end, si va avanti ad oltranza fino a quando dagli augusti panieri non verrà fuori il nuovo rappresentante degli italiani. Quanti altri nomi brucerà il Pd prima di esaurirsi sulla pira? Non rimane che attendere rimanendo comodi in poltrona.

( vedi photoshop di G. Grifeo al link : http://www.di-roma.com/index.php/cronaca/643-totopresidente-secondo-atto-il-professore-non-passa-e-bersani-si-dimette-ma-solo-un-po )

Luciana Miocchi

Totopresidente: la base mormorò non passa l’alpino!

19 Apr

(pubblicato su http://www.di-roma.com)

foto Di Roma

foto Di Roma

Per i primi tre scrutini sarà necessaria la maggioranza dei due terzi, cioè 672 voti, per strappare il passaporto per il Quirinale, due sono già andati con esito negativo.

Infatti il candidato designato nella riunione tra Bersani e Berlusconi, Franco Marini, ex sindacalista, ex Dc, ora Pd (ma il Cavaliere non chiedeva un Presidente non del Pd?) non ce l’ha fatta, colpito dal fuoco incrociato dei franchi tiratori, che hanno bruciato una maggioranza sulla carta di 766 consensi. Dalla quarta votazione sarà sufficiente la maggioranza assoluta, a quota 504.

 

Quell’accordo però, a molti non è andato giù. Nell’ambiente si vocifera che l’accordo fosse stato trovato in cambio di un governo dalla data di scadenza già decisa, nove mesi, a guida Enrico Letta. La reazione della base non si è fatta attendere ed è cominciata con i commenti al vetriolo sui social network. Nella riunione dell’altra notte il dissenso era stato manifestato apertamente e restringerlo ai soli “renziani” sarebbe riduttivo. I militanti dei circoli e i “giovani turchi” – cioè la nuova generazione della sinistra democratica – non hanno proprio gradito il patto con Berlusconi, sempre combattuto, almeno a parole, sul fronte dell’etica e del conflitto di interessi, ma poi preferito al dialogo con il Movimento Cinque Stelle, che sembra avere più punti di convergenza con il programma del Pd. La ribellione è andata in onda per le strade, nei circoli e sulla rete, mentre nelle stanze del potere le decisioni sembravano andare in direzione opposta. Lo si potrebbe definire uno scontro generazionale sul modo di intendere e conservare il potere . Durante la manifestazione organizzata in piazza del Parlamento con un tam tam via email e face book sono state perfino bruciate alcune tessere di partito.

 

Eppure Marini ancora ci crede, ignorando la tradizione che vuole che si entri in conclave da Papa e se ne esca cardinale. Alla seconda votazione ha raccolto tanti voti, 15, quanti ne ha racimolati Mussolini, vittima della vecchia tecnica che vede protagonisti nel segreto dell’urna, i franchi tiratori, che ha varie volte sovvertito risultati dati per acquisiti in riunioni lunghe e faticose, portando poi all’elezione di outsider tenaci e fino a quel momento nell’ombra ad aspettar pazienti il momento giusto. All’elezione di Scalfaro si arrivò cosi, come anche a quella di Pertini.

 

Nulla di nuovo sotto il sole quindi, se non le motivazioni. Allora furono le rivalità tra le correnti dei partiti, la resa dei conti tutta interna, mentre oggi il dissenso parte da chi è a contatto con gli elettori e la vita di tutti i giorni, da chi sa che ormai certe scelte vengono avvertite come gli ultimi colpi di coda di un mondo ormai estraneo a chi non ne fa parte, sempre uguale a se stesso, che agisce con l’unico scopo di preservare il proprio status.

 

Un voto, tra gli altri, anche per Rocco Siffredi e Valeria Marini, in aperta polemica con quanti davanti alle telecamere avevano dichiarato che all’Italia serve un presidente che viene dalla politica e non dalla società civile. Certo, anche stavolta i frequentatori del transatlantico hanno capito perfettamente gli umori del paese, proponendo un neottantenne, sindacalista e politico di lungo corso, poco avvezzo all’uso dell’inglese. Nulla di personale contro Marini piuttosto contro le modalità che hanno portato alla sua scelta.

 

Forse a questo punto sarebbe davvero auspicabile l’elezione di una personalità di grande levatura morale estranea ad un establishment ormai avvertito come alieno. La costituzione dichiara eleggibile qualsiasi cittadino che abbia compiuto cinquanta anni – con buona pace della portavoce M5S Lombardi, splendida gaffeuse laureata in giurisprudenza – ma non prescrive l’appartenenza alla classe politica.

 

Solo che diventa difficile trovare qualcuno di presentabile, intelligente e onesto disposto ad abbandonare la “missione” di una vita per consegnarsi mani in alto per sette anni ad un mondo di rappresentanza e diplomazia estraneo e forse pure un po’ ostile.

 

Infatti Gino Strada e Milena Gabanelli, scelti on line dalle “quirinarie” di Grillo, che la levatura morale ce l’avrebbero, si sono chiamati fuori facendo appello alla loro non preparazione per il ruolo istituzionale. Come dargli torto. Tra l’altro, in Parlamento nessuno si è disperato, dimostrando così di scarseggiare in acume: sarebbe stato un modo come un altro per disinnescare dei personaggi impossibili da imbavagliare in altro modo lecito. Ma tant’è.

 

È intervenuto nel tardo pomeriggio anche Walter Veltroni, padre fondatore del Pd, per dichiarare che dopo il risultato della prima votazione insistere sulla stessa strada sarebbe un errore. Puntuale, poco dopo è arrivata l’esternazione di Bersani: si cambia registro, ci sarà una nuova riunione per decidere il da farsi.

 

Pierferdinando Casini, nomen omen, ha parlato di “gran casino” e ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano cosa sarebbe accaduto nelle prossime votazioni con un bel “Chi vivrà vedrà”.

 

Il salvatore della Patria sembrerebbe essere l’ex garante della privacy, Stefano Rodotà, terzo nella lista delle Quirinarie e ben visto anche dalle liste civiche, da molti grandi elettori, da Sel e dai dissidenti del Pd. Non è che sia molto più giovane di Marini, o estraneo alla politica degli anni addietro – è stato anche ministro – ma non è stato proposto a Bersani dall’improbabile alleato di Arcore, se la cava meglio del vecio alpin con le public relation e con l’inglese, ha quell’aria triste da travet statale che potrebbe essere agevolmente scambiata come impersonificazione dello Stato stesso in questi tempi di crisi.
Per la serie non abbiamo di che stare allegri.

 

Previsioni serie, ormai è chiaro, non se ne possono fare. La rivolta della base del Pd ha segnato un passaggio epocale, una decisione che sembrava definitiva è stata rimessa in discussione, solo il tempo saprà dire se si è trattata dell’ennesima rinascita del Gattopardo o dell’inizio della fine di un’era.

 

Forse sarà Rodotà l’undicesimo Presidente della Repubblica Italiana e la sua elezione porterà alla nascita di un governo Pd-M5S, propiziato dalle basi, durevole pochi mesi di intense riforme o saldo fino a fine legislatura.

 

Forse invece i voti convergeranno su un nome terzo, magari appartenente ad un giovinotto di sessanta-settanta anni, poliglotta, charmant e dall’immagine non troppo inflazionata ma professionista del triplo salto mortale in modo da non dispiacere a nessuno. Che Casini ci stia facendo un pensierino?

 

Luciana Miocchi

Settebagni – III Municipio di Roma Capitale. A fuoco la prima campana per il vetro. Il vuoto che c’è dietro un gesto simile

17 Apr
campanavetroINFIAMME

foto A. Pino

La raccolta differenziata, ormai, in questo Municipio, nel bene o nel male è una realtà. Si è molto discusso della correttezza o meno di servirsi di campane per il vetro piuttosto che dei contenitori familiari o condominiali ma attualmente a Roma così si fa. Senza entrare nel merito, ci si adegua.

Prima che il nuovo modello di smaltimento dei rifiuti prendesse piede, per le strade del quartiere c’erano cassonetti vecchi, rovinati, mal funzionanti. Se non erano di materiale ferroso, spesso e volentieri recavano i segni di incendi appicati un po’ per “scherzo” un po’ per “risolvere” in maniera poco ortodossa un problema olfattivo od estetico derivante da secchioni particolarmente malandati che l’azienda municipale non sostituiva se non quando erano ridotti a colata informe.

Quindi da ottobre, la rimozione dei vecchi cassonetti e l’istallazione delle nuove campane. Queste ultime non tengono minimamente conto delle esigenze di un mondo che può anche essere disabile, o troppo vecchio, o troppo giovane. Comunque i contenitori, belli o brutti o inutili, erano nuovi.

In fin dei conti, era questione di tempo, anche senza la scusa di farsi cambiare un contenitore schifoso e ai minimi termini.  Non c’è bene comune che prima o poi non subisca le attenzioni del più stupido, del più annoiato, del più frustrato o del più ubriaco dei cittadini.

L’ennesima dimostrazione di impotenza e di non appartenenza ad una collettività da parte di chi compie un gesto del genere. Ora passeranno mesi prima che l’oggetto del vandalismo venga sostituito, con aggravio sul bilancio di un’azienda pubblica in agonia, quindi a carico delle tasche di tutti.

Grazie, veramente. Abbiamo un monumento post moderno alla stupidità in più, nel quartiere.

Luciana Miocchi

Inaugura la nuova rubrica di incidenti assurdi Alessandro Pino con un “coglionazzo della settimana” fuori concorso ma di tutto rispetto

12 Apr

tazzinacaffpDall’arciere che durante un torneo fa centro ma sul bersaglio dell’avversario regalandogli la vittoria, ai ladri che sbagliando la parete da forare entrano in un commissariato di polizia anziché nella banca che volevano svaligiare. Spulciando tra le cronache non è raro imbattersi in questo genere di notizie, che prese tutte insieme costituiscono un autentico campionario di dabbenaggine. Episodi che di solito suscitano ilarità ma che in alcuni casi sono una vera tragedia sulla quale c’è poco da ridere: a me e alla Miocchi personalmente capitò di scrivere di un ragazzo che cercando di vedere se il proprio gatto si trovasse nel balcone dei vicini (posto al quarto piano di un palazzo ai Prati Fiscali) era precipitato nel vuoto sfracellandosi orrendamente al suolo. Via via che ci siamo imbattuti in notizie di questo tipo le abbiamo pubblicate sui rispettivi profili di Fb, candidando di volta in volta i malcapitati e inconsapevoli protagonisti a un immaginario concorso per incoronare chi si fosse dimostrato il più gonzo in assoluto nell’arco di dodici mesi: il “Coglionazzo dell’Anno”, con tanto di trofeo da assegnare idealmente (un obbrobrio in similplatino che in qualche modo mi ero ritrovato in casa). A un certo punto però ci siamo resi conto questi fatti andavano raccolti tutti insieme in qualche modo, rischiando altrimenti di perdersi nel mare di interventi che due perdigiorno come i sottoscritti pubblicano giornalmente. Ecco allora l’idea di una rubrica apposita, in modo da lasciare ai posteri un compendio di “coglioneria” sul quale riflettere onde evitare gli stessi errori, in qualche caso, come detto, fatali. Deciso per la rubrica, rimaneva il dubbio su quale fatto pubblicare per primo: andare a ripescarne qualcuno di quelli pregressi o aspettare che un nuovo fesso si affacciasse alle cronache? La situazione si è infine sbloccata quando, approfittando (si fa per dire) di un periodo di cassa integrazione (ma questa è un’altra storia), mi sono dedicato ad alcune incombenze domestiche che stavo rimandando da troppo tempo, tra cui la decalcificazione della caffettiera elettrica (rigorosamente made in Italy, un’altra storia ancora): accesa la macchina, versato il liquido apposito nel serbatoio dell’acqua e aperto il rubinetto del vapore come raccomandato dalle istruzioni, dal beccuccio non è uscito non dico un robusto soffio bollente, ma nemmeno uno sbuffetto tiepido. Niente di niente. Già immaginavo di dover portare in assistenza il pesante macchinario quando ho provato a svitare l’estremità del tubicino (che era in realtà ostruita da un residuo di latte solidificato, tanto per fare la figura dello zozzone oltre che del fesso). Improvvisamente l’angolo cottura è diventato una stazione ferroviaria dei primi del Novecento, con uno SWWWWWOOOOSCCHHHHH e una nuvola rovente che per puro miracolo non mi hanno investito mani e viso (non proprio da Adone ma sempre meglio che scarnificato dalle ustioni).

 In questo modo dunque, è toccato proprio a me il dubbio onore di inaugurare la rubrica dedicata al “Coglionazzo dell’Anno”. Come non bastasse però, nemmeno posso ambire ad aggiudicarmi l’ambita statuetta: i membri della giuria sono rigorosamente esclusi dal concorso.

(ma una menzione d’onore la possono sempre recuperare, ndm)

Alessandro Pino

Per Margaret Thatcher mercoledì 17 funerali solenni al cospetto della Regina Elisabetta

10 Apr

thatcherDIR(pubblicato su http://www.di-roma.com)

Cala il sipario su uno statista che ha influenzato un’epoca. Per Margareth Thatcher, morta l’8 aprile, primo ministro della Gran Bretagna dal 1979 al 1990 il 17 aprile un funerale solenne al cospetto della famiglia reale, onore riconosciuto in passato fuori dalla famiglia reale solo a Sir Wiston Churchill e all’ammiraglio Nelson. Eppure nemmeno Elisabetta II l’aveva in simpatia, con quelle origini fin troppo umili. Venne eletta all’indomani del Winter of discontent, caratterizzato da black out, scioperi e proteste di piazza, con il regno sull’orlo di un baratro creato da una crisi economica e sociale senza precedenti. In undici anni a Downing Street, una nazione sul viale del tramonto economico tornò ad essere inclusa nella rosa dei paesi che influenzano la scena mondiale, a costo di una rivoluzione sociale ed economica non indolore. I suoi molti detrattori, ancora oggi, l’accusano di essere stata il boia della classe operaia, ricordando gli scioperi dei minatori del Galles e le morti in carcere per sciopero della fame dei dissidenti irlandesi. Ma fu eletta tre volte da quello stesso popolo che ora la ricorda con cartelli offensivi e nel 1990 le sue dimissioni furono propiziate dalla parabola discendente del suo astro politico, evento naturale che si verifica puntualmente ovunque nel mondo, tranne che in Italia.

L’antipatia manifestata nei suoi confronti, non sopita ma riaccesa dalla notizia della morte è il segno che la Thatcher è ancora ben impressa nella memoria popolare come la Lady di Ferro, soprannome guadagnato con lo spirito da guerriera che la portò a difendere con una guerra di un mese pochi scogli dall’altra parte del globo in nome della grandezza dell’impero britannico che fu e che non temeva l’impopolarità come sanno solo i grandi leader mentre i politici ordinari vorrebbero essere sempre acclamati.

Per ironia della sorte, di quel che era stata la sua grandezza non aveva più contezza, colpita come era stata da una impietosa forma di demenza senile.

Luciana Miocchi

“Fierafuoriserie”: a Roma tornano in mostra i veicoli classici – di Alessandro Pino

10 Apr

PINOfuoriserietredici (1)Stanchi di circolare in un mare di Suv e monovolume tutti uguali, dai nomi improbabili e costruiti all’altro capo del mondo? Nostalgia di un tempo in cui il made in Italy in campo automobilistico non temeva rivali? Allora tenetevi liberi per i prossimi 13 e 14 aprile perché alla Fiera di Roma  torna “Fierafuoriserie”, la rassegna più importante per il collezionismo automotoristico dell’Italia centromeridionale giunta al settimo anno di vita. Semplici curiosi, iscritti a sodalizi dedicati a un genere o a un marchio in particolare, collezionisti in cerca di un pezzo di ricambio altrimenti introvabile da trapiantare su un esemplare già in loro possesso: tutti insieme tra veicoli più o meno anziani, più o meno prestigiosi. Come sempre saranno esposte mastodontiche vetture anni Trenta cariche di cromature assieme alle granturismo italiane anni Settanta  così piacevolmente diverse nelle loro linee tese dalle forme bulbacee oggi imperanti, passando per utilitarie comunissime nei primi anni Ottanta che trovare tra le auto ormai “storiche” (quindi almeno trentennali) potrà forse impressionare qualcuno per la sensazione del tempo già trascorso. Proprio ai veicoli meno esclusivi è dedicata la novità di questa edizione, il concorso “Povere ma belle” riservato alle auto di valore inferiore ai dodicimila euro: perché il mondo delle auto classiche – a dispetto del nome della manifestazione – non è solo quello delle “fuoriserie”ma anche di tutti quei veicoli che nel tempo hanno costituito la maggioranza del parco circolante e che in troppo pochi esemplari sono scampati alle sciagurate campagne di rottamazione. Ogni altra informazione può essere reperita sul sito http://www.fierafuoriserie.it

Alessandro Pino

Paolo Marchionne è Il candidato presidente per il centro sinistra alle elezioni municipali di Montesacro

8 Apr

PAOLOmarchionne(pubblicato su http://www.di-roma.com)

Gli elettori di centro sinistra hanno finalmente il nome del candidato presidente di Montesacro: è Paolo Marchionne, con il suoi 3109 voti. Il 32enne attuale capogruppo Pd al consiglio municipale ha vinto con un margine di circa mille voti su Riccardo Corbucci, vicepresidente dell’aula consiliare.  Terzo classificato Claudio Maria Ricozzi, presidente del Pd di Montesacro, fermatosi ad un migliaio di preferenze. Staccatissimo dagli altri, con 277 schede a suo favore, il quarto sfidante, l’indipendente di centro democratico Stefano Di Santo, che ha pagato il recentissimo esordio sulla scena politica del III, una volta IV, Municipio.

Marchionne ha affidato ad un messaggio su fb la prima dichiarazione pubblica dopo aver appreso della vittoria: ”con un totale di 3.109 voti abbiamo vinto le primarie per la presidenza del III municipio. Un risultato collettivo che ripaga i tantissimi militanti e amici che con me sono stati per strada per oltre un mese. Grazie a tutti”.

Riccardo Corbucci ha affidato i suoi ringraziamenti al suo blog personale, scrivendo “Ringrazio i 2.000 cittadini e i tanti volontari ed amici che hanno creduto e sostenuto la mia proposta politica per il III municipio. Tuttavia il risultato delle primarie ha sancito la vittoria del nostro nuovo candidato alla presidenza del municipio Paolo Emilio Marchionne, a cui faccio i complimenti portando in dote per la vera e propria campagna elettorale le idee e i progetti presentati in queste settimane di campagna elettorale nei nostri quartieri.”

Luciana Miocchi

 

L’Aquila – anno IV D.T.

7 Apr

raduno fiaccolata - foto virale da Fb(pubblicato su http://www.di-roma.com il 6 aprile 2013)

La fiaccolata del ricordo ha avuto luogo a partire dalle 22, in anticipo rispetto agli anni precedenti. Il luogo del raduno era davanti alla Fontana Luminosa in piazza degli Alpini ed ha raggiunto piazza Duomo attorno alla mezzanotte, dopo essersi fermata davanti il cratere della casa dello studente, in via XX Settembre. Qui si sono aggiunti il ministro Barca il gruppo dei familiari degli operai morti nella fabbrica Tyssen e quelli della strage di Viareggio. Dopo la funzione religiosa, officiata dall’Arcivescovo Molinari, sono stati liberati nel cielo 309 palloncini bianchi a memoria delle vittime, mentre ne venivano letti i nomi, per ognuno un rintocco di campana. L’ultimo alle 3.32, ora della scossa devastatrice.

Intorno, il centro storico è ancora tutto un immenso puntellamento. I giunti metallici sono ormai opachi, i legni di sostegno mostrano chiaramente gli anni di esposizione alle intemperie, al peso della neve e alla potenza dilatatrice del ghiaccio.

I cantieri avviati sono ancora pochissimi, l’auditorium progettato da Renzo Piano è un puntino colorato e deserto nel parco del Castello cinquecentesco. Qui ancora la gente non torna. Fuori dalle mura la situazione è migliore, nei quartieri più esterni sono cominciate le demolizioni, le case meno danneggiate sono state riparate e ora mostrano intonaci riverniciati in colori da sorbetto psichedelico finora mai visti. I paesi intorno sono nelle stesse condizioni, con le erbe spontanee che piano piano guadagnano terreno tra le macerie, qualche stabile rimesso a nuovo, travi a contrasto, MAP un po’ dappertutto.

Ma chi può, va via da questa città, dove molte imprese che si erano prestate a lavorare nell’emergenza sono state costrette a chiudere perché i pagamenti delle lavorazioni non arrivavano, dove il terremoto ha dato il colpo di grazia ad un’economia che stentava a tenere il passo, vittima della crisi di diverse fabbriche storiche. Dove la soluzione delle new town – acclamata dai più con ovazioni di giubilo e avversata da pochi con lo sguardo lungimirante sul futuro più prossimo e anche su quello più lontano –  ha creato di fatto decine di dormitori non collegati né con il resto della città, senza servizi né luoghi di aggregazione, ha assorbito gran parte delle risorse stanziate lasciando solo poche briciole per la ricostruzione di un centro che a questo punto, essendo il progetto C.A.S.E. un progetto definitivo, forse non interessa nemmeno realizzare. Chi può immaginare, infatti, venendo da fuori, una popolazione che cala di anno in anno, stipata in condomini tirati su in fretta ma realizzati per essere permanenti, non eliminabili come le soluzioni provvisorie dei moduli M.A.P., tornare in un centro ricostruito, non più fantasma. A quel punto si avrebbero interi quartieri abbandonati, ché L’Aquila non è Milano, non è Roma, non attira nemmeno orde di immigrati, troppo freddo, poche speranze di lavoro.

In fin dei conti gli aquilani, prima dei soldi per la ricostruzione, necessari, perché senza di quelli i mattoni non si comprano, cercano parole. Quelle parole che dovrebbero venire dalle Istituzioni, capaci di accendere la speranza di poter tornare un giorno, ad avere una città da vivere, dove andare a fare le vasche in centro e non ripiegare sulle gallerie dei centri commerciali spuntati un po’ ovunque come funghi tra le maglie del provvisorio tutto si può fare dappertutto. Serve infatti una volontà politica che non sia finalizzata a mera passerella per ego da gratificare ma che sia capace di trovare la soluzione al danno arrecato alla vita di relazione e all’ambiente, che voglia riportare effettivamente gli abitanti in centro e non solo gli avventori di pochi esercizi commerciali riaperti con deroghe provvisorie.

Questa città invece, che va avanti volando un po’ alla cieca, non ha avuto la forza di avere pietà neppure per i suoi morti. Il cimitero monumentale semi abbandonato, transennato, quelli nelle frazioni lasciati a se stessi ché la priorità sono i vivi. Un solo esempio per tutti: in quello piccolissimo di Preturo, l’anno scolpito sulla pietra dell’ingresso lo data al 1870, c’è ancora la transenna provvisoria messa su quattro anni fa a causa di una lastra di un loculo non utilizzato, in terza fila, rimasta spezzata e in bilico sul vuoto. Sotto le tombe di due anziani, tenuti in ostaggio da quattro anni dai tondini e dalla rete di protezione. I fiori i familiari sono costretti a tirarli da lontano, con l’occhio fisso sul marmo pericolante. Non si trova il responsabile della rimozione.

Ad un anno dalla morte di Miriam Sermoneta

5 Apr

sermonetaÈ passato già più di un anno dalla tragica morte di Miriam Sermoneta. La ragazza, che di lavoro faceva la guardia giurata, fu trovata morta nella propria abitazione nei pressi di Tivoli la sera del 24 marzo 2012. Si era sparata un colpo al cuore con l’arma di servizio, subito dopo avere manifestato le proprie intenzioni suicide ad un collega col quale stava chattando. Vicino al suo corpo ormai senza vita, una breve lettera, quasi a mo’ di seguito di quella aperta che aveva scritto al Presidente della Repubblica tempo prima, con la quale denunciava il disagio personale di donna che lavorava in un ambiente ancora troppo maschile e a volte maschilista e di una categoria, quella dei vigilantes, pressoché inesistente giuridicamente, mal retribuita e poco considerata, dal lavoro fatto di disagi, pericoli e precarietà di ogni genere, ultima in ordine di tempo la cassa integrazione, istituita dalla società per cui lavorava, la Axitea ( una volta Mondialpol Roma) e piovutagli addosso con l’effetto di un fulmine a ciel sereno.

Il clamore suscitato da quella morte solitaria fu enorme e per qualche giorno ci fu il solito italianissimo polverone di buoni propositi, intenti di riforma, trasmissioni sulle radio locali. Poi, come era facilmente prevedibile, tutto si esaurì nell’indifferenza più totale, la stessa che doveva aver contribuito alla sciagurata decisione di premere il grilletto. Quest’anno, solo pochi mesi dopo, quasi nessuno si è ricordato dell’anniversario di Miriam e i suoi suoi colleghi dell’istituto di vigilanza sono nelle stesse condizioni di allora, con lo stesso destabilizzante senso di ipotenza. Dopo la cassa integrazione a rotazione ora si rincorrono le voci, sempre più insistenti e angoscianti, di una possibile messa in mobilità – un modo più diplomatico di dire perdita del lavoro – per parte del personale.

Luciana Miocchi

Questa sera a Serpentara Tv i candidati alle primarie municipali del III Municipio (ex IV)

5 Apr

Dopo l’imprevisto di ieri, indipendente dalla volontà di Serpentara Tv, che non ha consentito la diretta come annunciato, questa sera, straordinariamente alle 20,30, Claudio Maria Ricozzi, Paolo Marchionne e Riccardo Corbucci illustreranno i loro programmi di aspiranti presidenti del Municipio.

Il pubblico potrà intervenire dopo la prima mezz’ora telefonando al 3295813873 o entrando nella chat di http://www.livestream.com/ Serpentara.

Vi aspetto

Luciana Miocchi

Villa Spada – Municipio Montesacro di Roma Capitale: incontro con David Sassoli candidato sindaco alle primarie del centro sinistra

4 Apr
David Sassoli a Villa Spada

David Sassoli a Villa Spada

(pubblicato su http://www.di-roma.com)

A margine dell’incontro avuto con i cittadini di Villa Spada, David Sassoli, l’ex giornalista già eurodeputato per il Pd, il primo ad avanzare, diversi mesi fa, la propria candidatura per le primarie di domenica 7 aprile con le quali il centro sinistra sceglierà il proprio sfidante Sindaco, ha risposto ad alcune domande postegli per di-roma.

Nell’ora precedente aveva già affrontato il tema della delocalizzazione dell’impianto Ama, ben visibile dai giardinetti dove è avvenuto l’incontro e discusso di temi di importanza generale. Una parola anche per la pubblicizzazione delle primarie e l’improvvisa sparizione degli spazi messi a disposizione dal Comune. Gli è contestata l’affissione selvaggia, con i suoi manifesti sparsi un po’ ovunque e che se anche non li attacca personalmente ne è comunque responsabile. Incidenti che possono capitare, la differenza con il passato,s e c’è,  si vedrà nei prossimi giorni, quando necessariamente arriveranno i verbali che andranno o impugnati o pagati,nei trenta giorni successivi.

Perché una persona dovrebbe scegliere Sassoli  anziché un altro dei candidati alle primarie?

Perché io ho posto subito il problema di uscire dalle primarie per non restare nel recinto identitario del centro sinistra ma dare spinta alla costruzione di un fronte largo che raccolga i delusi di Alemanno e l’indignazione di Grillo. Siamo nel mezzo, abbiamo due pesi, che sono pesi importanti in questa città, non possiamo perdere l’occasione di avviare noi e essere protagonisti di una stagione di cambiamento.

Roma è talmente grande ed ha delle esigenze totalmente differenti, dal centro alla periferia

Dobbiamo imparare a non parlare più di centro e periferia. Questo dove ci troviamo oggi è Il terzo municipio – ex quarto – ed è grande quanto Catania. Dobbiamo imparare a considerare Roma come la città delle città e quindi superare il concetto di centro e di periferia. Certo c’è il centro storico, la città monumentale però non ci devono più essere “le periferie”, quelle sono grandi città dove abitano migliaia di persone e le città sono fatte tutte nella stessa maniera. Hanno delle piazze hanno servizi, hanno zone commerciali, hanno il verde pubblico, hanno i giardinetti.

Noi dobbiamo cominciare a ragionare di una città delle città che costruisca e ricostruisca il tessuto urbano così degradato di tante zone di Roma

Una volta si vedeva la differenza anche nello stato della manutenzione. In periferia c’era l’asfalto rovinato, pieno di buche, pochi marciapiedi e rovinati, la segnaletica orizzontale non più visibile da tempo immemore. Oggi purtroppo, anche dove circolano i turisti, le condizioni sono le stesse

C’è ormai uno stato di non manutenzione che lega tutta la città, unificata dal degrado e naturalmente su questo dobbiamo avere anche dei progetti innovativi e riuscire a coinvolgere gli artigiani dei quartieri perché altrimenti non ce la faremo a dare manutenzione, piccola manutenzione ad un degrado così’ abbondante. Dobbiamo avere dei progetti e li stiamo studiando, dando nel contempo ai municipi le risorse necessarie per intervenire. Ci sono troppi marciapiedi rotti, troppe strade dissestate. Noi abbiamo bisogno di presentare la nostra città non solo ai cittadini ma anche a quelli che vengono da fuori, di conservare la più bella città del mondo

Come si può realizzare tutto questo con la cronica mancanza di soldi che affligge le casse pubbliche?

Dobbiamo inventarci dei progetti, come ad esempio quello della cartellonistica. La pubblicità a Roma è un volume notevolissimo di soldi. Faremo i piani regolatori della cartellonistica e li affideremo ai Municipi. Ogni Municipio farà la sua gara d’appalto, quei soldi andranno alle sue casse, e avrà anche il controllo della pubblicità.

Questi soldi noi vogliamo che vengano impiegati su due capitoli di spesa: gli affari sociali, perché oggi c’è un impoverimento soprattutto delle famiglie, degli anziani, di tanti giovani in cerca di lavoro, e alla manutenzione della città.

Luciana Miocchi

Il 4 aprile su Serpentara Tv gli sfidanti alle primarie del centro sinistra per il municipio di Montesacro

3 Apr

Domani, 4 aprile, su http://www.livestream.com/Serpentara in diretta i candidati alle primarie municipali del 7 aprile, a partire dalle 21 e 15.

Nello studio di Serpentara Tv Paolo Marchionne, Claudio Maria Ricozzi, Riccardo Corbucci e Stefano Di Santo confronteranno le loro idee e i loro programmi elettorali.

Per chi volesse intervenire, l’abituale canale chat rimarrà aperto durante la trasmissione. Altrimenti, al nr 329/5813873

Luciana Miocchi